Le terze volte sono spesso delle conferme, o delle
definitive bocciature. Organizzare un festival open air del genere, in Italia,
coincide spesso e volentieri con la seconda, e i motivi sono vari: mancanza di
voglia dovuta a vari fattori, far suonare sempre e comunque le solite band che
girano nel mondo underground e non da anni e anni, rimanere ancorati al passato
e lamentarsi di fare ogni anno sempre meno e meno paganti. Bene, per quanto
riguarda il Frantic Fest, giunto alla terza edizione, siamo decisamente nel
primo caso. Personalmente ho vissuto, bene o male, tutte e tre le edizioni del
festival abruzzese, che ha portato negli anni al sud Italia band del calibro di
Slapshot, Grave, Igorr, Enslaved, Aborted e chi più ne ha più ne metta. Ed è
mia opinione, e come ho potuto verificare di gran parte dei partecipanti
all’evento, che il Frantic Fest sia diventato e si sia confermato come miglior
festival Open Air non solo del sud Italia, ma di tutto lo stivale.
Certo, ci sono delle pecche, nessuno è perfetto, ma contando che nell’arco di
sole tre edizioni si sia migliorato in maniera esponenziale tutto il pacchetto
festival, c’è speranza e convinzione che nelle prossime edizioni tutti si
sistemi e vada per il meglio. Per quanto il festival sia incredibilmente vivibile
e a dimensione d’uomo, forse alcune scelte (la nuova zona campeggio, il numero
dei bagni chimici, la posizione di alcuni stand) sono un po’ rivedibili. Ma
come è già stato detto, e contando che la risposta del pubblico aumenta in
maniera esponenziale edizione dopo edizione, sono delle piccole pecche
tranquillamente correggibili, e hanno influito in maniera marginale sulla
riuscita finale del festival. Inoltre, cosa da non sottovalutare mai, gli orari
sono stati rispettati al secondo, cosa sempre più rara sul suolo italiano.
Detto ciò, dopo aver fatto le dovute critiche, passiamo ai motivi che hanno
reso il Frantic Fest una garanzia e un punto di incontro per gente proveniente
letteralmente da tutta Italia.