Shhhhh silenzio. Il sipario è aperto e il mondo oltre il tessuto di seta è un luogo etereo e immaginifico dove vi albergano creature di ogni sorta. Montagne che sono neri steli oltre i quali si aprono paesaggi dai colori grigi. Si riparte dall’ultimo pezzo di Phanerozoic II, Holocene. La strada tracciata da quel pezzo (che da anche il titolo al nuovo lavoro della band) fa da spartiacque verso nuove ambientazioni in cui i suoni si fanno sempre più rarefatti. In cui la band trova una collocazione ibrida ma decisamente affascinante. Post rock/metal elegante, dal taglio moderno, che si sublima in brani come l’opener Preboreal o la successiva Boreal, Sea of Reed, Parabiosis o i quasi nove minuti di Atlantic. Canzoni che crescono con gli ascolti e che si fanno portavoce di un nuovo approccio alla materia, che rimane oscura e malinconica, ma anche molto, molto accattivante. Non ci sono pezzi deboli in Holocene. Sono brani stratificati. Sofisticati. Che vanno ascoltati con attenzione e nel giusto mood. Che meritano di essere osservati da angolature diverse per poter essere metabolizzati nel migliore dei modi. Come in ogni creatura dei The Ocean però niente rimane sempre uguale a se stesso. Muta. Si evolve. Due brani come Subboreal e Subatlantic (pezzo stratosferico posto in chiusura) rappresentano il meglio nella produzione della band degli ultimi anni, dove le guide lines tracciate dalle prime canzoni vengono arricchite da ritornelli aggressivi e davvero efficaci. Menzione a parte per la lunga Unconformities con l’ottima Karin Park. Un brano che riassume il sound della band come un piccolo bignami dove suoni e parole che si intrecciano in modo suadente sino al furente e violentissimo finale.
Amo questa band e ritengo Holocene uno dei migliori dischi mai pubblicati dai nostri, che dimostrano ancora una volta quanto siano bravi a coniugare delicatezza e violenza con una semplicità e una freschezza disarmanti!!!
88/100