Le radici del doom sono saldamente in Europa, si è detto. Vero? In
parte. I primissimi epigoni dei Black Sabbath, praticamente loro
contemporanei, vengono da Arlington, in Virginia. Sono in giro dal 1971,
con nomi e formazioni diverse (Bedemon, Macabre), ma sono noti al
pubblico metal come
Pentagram. I loro dischi suonano
come l'ideale incrocio di Black Sabbath e Blue Cheer, e fin dal debutto
su full length (l'omonimo del 1985) hanno rappresentato il lato più puro
e
vintage del doom. Come loro, una lunga serie di altre band
analoghe hanno costruito la loro carriera su una ripresa più o meno
pedissequa del suono dei Sabbath: vale la pena citare i
Trouble (anche loro capisaldi della scena americana), gli svedesi
Count Raven (il cui debutto risale al 1990), i
Solitude Aeturnus
(grandi amici dei Candlemass), i già menzionati Witchfinder General e
una scena collaterale, più legata all'epic metal classico, composta da
band come Manowar,
Cirith Ungol,
Manilla Road e altri.
C'è
da notare, comunque, come tutte le band citate sopra (esclusi
ovviamente Pentagram e Trouble, per ragioni storiche) siano legate al
suono Sabbath ma anche alle derive più “europee” del doom: Candlemass e
Solitude Aeturnus andarono spesso in tour insieme, i Count Raven suonano
tremendamente old-style e sono svedesi, persino gli
iper-tradizionalisti
Reverend Bizarre (una sorta di Manowar del doom metal) sono di origine finlandese e non americana.
Quand'è
che il suono americano si è definitivamente staccato dalla tradizione
per dare vita alla sua personalissima visione del doom?
Siamo nel
1984, in California, tra spiagge assolate e thrash metal. I grandi
della scena (Metallica, Megadeth, Slayer, Testament e compagnia)
facevano a gara a chi suonava più veloce, brutale e incazzato. Fu quindi
con una certa sorpresa che venne accolta l'uscita del disco di debutto
di una band che si era formata col nome di Tyrant nel 1979. Guidata dal
chitarrista Dave Chandler, e ispirandosi per il cambio di nome ad una
canzone dei Black Sabbath (guarda un po'), la band pubblicò per la SST
(etichetta di Henry Rollins) il
disco omonimo dal titolo “
Saint Vitus”.
Canzoni lente, grezze, cupamente psichedeliche, pregne di un'atmosfera
morbosa e malata che mancava ai quasi contemporanei Pentagram e Trouble,
e che andava a pescare a piene mani dal debutto dei Sabbath . Nessuna
ambizione progressiva o in qualche modo “estetica”, solo becera
teatralità e voglia di suonare qualsiasi cosa nel modo più nero
possibile. Dal secondo disco, “Born Too Late”, la band sostituirà
l'originario cantante Scott Reagers con una delle figure simbolo del
doom americano:
Scott “Wino” Weinrich. Teatrale,
esagerato, da sempre dedito al culto di Ozzy e della musica nera, Wino è
in egual misura amato e odiato dai doom fan, un po' come succede a
Messiah Marcolin dei Candlemass. Che lo si trovi insopportabile o
meraviglioso, non si può non riconoscere a Wino una passione infinita
per la “sua” musica, come dimostrano anche gli altri suoi progetti,
primi fra tutti
The Obsessed e
Spirit Caravan.