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STONER |
La luce si spenge, le palpebre a mezz’aria fissano le automobili sfrecciare sotto la finestra, è una notte insonne, di quelle che mi porto dietro da un po. Il fumo si ammassa alla mia sinistra prima di essere strattonato dalla corrente nel pertugio tra le finestre socchiuse, fa spazio al mio sguardo guizzante in cerca della sveglia che indica finalmente che la mezzanotte è passata già da quindici minuti. Mi rendo conto che è Venerdì, sobbalzo dal letto. Prendo di corsa il mio cellulare, apro il servizio di streaming a cui sono abbonato e digito John. John Frusciante, Johnny Cash, John Lennon, John Mayer. Cazzo non scherziamo, aggiungo un G e come per magia compare lui. John Garcia e la sua Band of Gold, in attesa che il mio dito indice cada sul tasto play. Le note di Space Vato promettono bene, Jim’s Whiskers lascia cadere i miei dubbi. Il tiro è micidiale, la voce sempre la stessa, ma era dai tempi degli Hermano di Into the Exam Room che non mi entusiasmavo per un disco del buon John. Slo Burn, Unida, Hermano, con queste band era riuscito a proseguire il discorso interrotto con i suoi Kyuss, poi il nulla (o quasi) e una carriera solista che si era arenata sul nascere con quel brutto debut del 2014. Il disco acustico di due anni fa aveva in parte fatto rialzare le quotazioni di Garcia.