HARD ROCK |
Essere o non
essere? Questo è il vero dilemma dei Wolfmother. Grandissimo debut album,
successo planetario che prosegue col successivo – noioso – Cosmic Eggs, poi il
vuoto. Arriva New Crown e sinceramente – tralasciando un paio di pezzi – è
ancora noia totale. Siamo al 2016 e in questo mite Febbraio arriva il nuovo lavoro
degli australiani a nome Victorious - registrato agli Henson Studios di Los
Angeles col guru Brendan O’Brien - a seguito del quale i nostri inizieranno un
tour mondiale che li vedrà in scena all’Alcatraz di Milano l’8 Maggio.
Se dovessi
analizzare l’album ascoltando solamente la strepitosa Gipsy Caravan (che sembra
uscita direttamente dall’omonimo primogenito della band) allora vi direi che
siamo finalmente dinanzi ad un nuovo grande ritorno firmato Wolfmother, chitarre
ultra settantiane, fantastico ritornello, organo in bella mostra ad accentuare
i riverberi groovy di un sound estremamente esaltante.
Se invece vi
dovessi descrivere Victorious parlandovi esclusivamente di Pretty Peggy, bé vi
starei dicendo che ascoltare i Wolfmother che scimmiottano i Coldplay – con
tanto di coretti – in una semiballad dal gusto indie/folk è davvero qualcosa di
inquietante.
Fortunatamente
come spesso accade, la verità sta nel mezzo, ed anche in questo caso questa
semplice regola non fa eccezione. Tradotto, siamo dinanzi ad un album
altalenante, che alterna momenti piacevoli ad altri decisamente scialbi, ma
comunque un lavoro migliore a tutto ciò che è uscito dalla penna dei nostri
dopo il 2005.
The Love
That You Give, opener del disco, è un pezzo diretto che vorrebbe ricalcare le
orme di California Queen, ma che risulta alla fine una canzone poco longeva e
senza verve, idem la titletrack, quadrata e ficcante quanto prevedibile.
City Lights è invece un ottimo pezzo rock dal basso pulsante, chitarre abrasive
e un ritornello accattivante che si stampa subito in mente. Baroness scorre via
senza infamia e senza lode con un ritornello arioso ed ultra melodico. The
Simple Life sarebbe piaciuta allo Slash solista, davvero ottima, mentre Best
of a Bad Situation è una canzone che ricalca da vicino le semiballate dei Social
Distorsion con qualche sprazzo sudista alla Black Stone Cherry, non male. Happy
Face con un riff dal vago sapore sabbattiano e un ritornello atipico, più post
grunge che hard n’blues non convince però più di tanto. La conclusione è
decisamente splendida, Eye of The Beholder riesuma infatti i migliori
Wolfmother con un tocco di introspezione e profondità che non guasta mai.
Dopo un
inizio assolutamente brutto, Victorious sfodera una seconda parte decisamente
migliore, con almeno tre/quattro ottimi pezzi, per ora non si va oltre la sufficienza, in attesa di tempi migliori riconsolarsi con Gipsy
Caravan, Eye of the Beholder e The Simple Life è un nuovo punto di partenza, ma decisamente troppo poco
per una band dal nome tanto importante. Essere o non essere? Quel che è
certo è che i Wolfmother targati 2016 non sono ancora in grado di rispondere a
questa semplice domanda.
TRACKLIST:
01. The Love That You Give
02. Victorious
03. Baroness.
04. Pretty Peggy
05. City Lights
06. The Simple Life
07. Best of a Bad Situation
08. Gypsy Caravan
09. Happy Face
10. Eye of the Beholder
INFO:
ANNO: 2016
SITO: Wolfmother
LABEL: Universal