lunedì 5 settembre 2016

SLOMATICS: Future Echo Returns (Review)

SPACE DOOM
In giro da più di dieci anni e considerati dai Conan tra le principali fonti d'ispirazione del loro sound, gli Slomatics non hanno mai raggiunto nella scena doom il meritato successo. L'essere nati prima dell'esplosione dei social network, una posizione geografica non facilissima, il non avere mai ottenuto a differenza dei loro cugini inglesi le attenzioni di un'etichetta grossa come la Napalm Records sono tutti fattori che hanno dubbiamente inciso sulla popolarità del gruppo. Dimostrazione che anche nell'underground moda e hype giocano un ruolo importantissimo, unica spiegazione possibile per cui band il cui unico merito è avere una bionda semivestita da strega in mezzo ad un pentacolo hanno centinaia di migliaia di fan, mentre una band di questa levatura non ha gli ascoltatori che si merita.
Tanto di cappello ai Conan quindi per essersi assunti l'onere di produrre e registrare  (tramite la Black Bow Records di Jon Davis e lo Skyhammer Studio di Chris Fielding, rispettivamente voce/chitarra e bassista della band)  quest'ultima fatica in studio dei loro maestri putativi. Se il precedente Estron attestava l'assoluto stato di grazia del trio di Belfast, questo Future Echo Returns alza ulteriormente il livello, imponendosi come un nuovo standard qualitativo.
Future Echo Returns è un album dominato da una maestosità tale da renderlo la perfetta colonna sonora doom per un film di fantascienza (una sorta di devastante marcia imperiale). La prima metà del disco, introdotta dalla monolitica Estronomicon, è eccellente, e mostra tutta la classe di cui i tre irlandesi sono; ma a partire dalla bellissima Ritual Beginnings gli Slomatics sorpassano senza sforzi gran parte dell'attuale scena doom, inanellando una successione devastante di tre pezzi: la putridissima Rat Chariot, la praticamente perfetta Supernothing (la dimostrazione che si può creare l'inno space doom definitivo anche in soli quattro minuti) e il potentissimo quanto epico finale dato dai dieci minuti di Into the Eternal. 
Solo applausi infiniti in conclusione alla coppia forgiariff di Chris Couzens/David Majury e a Martin Harvey, uno dei pochi uomini sulla terra capace di creare delle parti ritmiche e vocali così perfette per il sound della propria band. Non saranno delle bellezze e non avranno l'immaginario occult che attira un sacco di appassionati dell'ultim'ora, ma in quanto a classe ce ne sono pochi in grado di rivaleggiare con questi tre.


TRACKLIST
  1. Estronomicon
  2. Electric Breath
  3. In the Grip of Fausto
  4. Ritual Beginnings
  5. Rat Chariot
  6. Supernothing
  7. Into the Eternal
INFO
ANNO: 2016
LABEL: Black Bow Records
WEB: Website


SLOMATICS: RAT CHARIOT

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...