STONER/DOOM |
C’è così tanto Blues nelle corde di questo nuovo lavoro da far impallidire i redivivi Rolling Stones.
Il precedente album era già un discreto prodotto, ma la
maturazione che attendevo dai nostri arriva prepotente già dalle prime
note del siluro Stoner in odore di Queens of the Stone Age era Songs For The
Deaf dell’opener Acid Cosmonaut. Tuttavia è con Classified che si alza l’asticella,
il Blues si tuffa in giri di chitarra aridi e grassi di acidità, vomitando melodie circolari e linee vocali calde e vincenti, una versione Stoner di Radio
Moscow e primi Graveyard, tanto per intenderci.
Crash Site tira in ballo gli Orange Goblin ed i Black
Pyramid di II, ma è un pezzo ordinario senza infamia e senza lode che ci
introduce alla successiva El Chola, è proprio lei a destare in me grande interesse.
La canzone si articola lungo otto minuti e mezzo che profumano fortemente di
SLEEP, un macigno Stoner/Doom dal grande fascino, Questo pezzo assieme alla
successiva Mother in Black alza notevolmente l’asticella del giudizio finale
per questi ragazzi che dimostrano di saper scrivere canzoni di altissimo
livello compositivo, non solo votate all’arma bianca, ma risultando vincenti anche quando i
toni si smorzano in favore di trame più ragionate, bluesy ed avvolgenti. Il
cantato meno aggressivo di Wolf, ma non per questo meno sofferto, divesifica
maggiormente il suo apporto vocale, contribuendo in modo assolutamente
conVINCENTE alla buona riuscita di un brano sentito, dal flavour arcano e dal
grande spessore emotivo.
The Giant attacca con un giro di armonica che rievoca i
Sabbath di The Wizard, il tempo rallenta, i toni si incupiscono aprendosi in un
ritonello di più ampio respiro e aumentando di giri proprio come tanto piaceva fare
al Sabba Nero, ottimo l’assolo e ottimo il finale nuovamente rallentanto che va a
chiudere un altro splendido pezzo.
Ma le sorprese non sono finite perché l’entusiasmante
The Well si mostra flirtando col Jazz prima di esplodere nel classico stile di
una band che dimostra di avere ottime doti tecniche, ma soprattutto parecchie carte vincenti da calare in futuro,
magari andando ad esplorare maggiormente territori sin qui solo accennati,
rendendo ancora più particolare un sound già ora molto coinvolgente.
Il finale è affidato a Vermillion Witch, che chiude alla
grande un disco davvero bello, a dimostrazione che in Italia ci sono tante
ottime band. Dal canto loro i DSW
dimostrano con il qui presente Tales From the Cosmonaut che la strada
intrapresa è quella giusta, personalmente preferisco la band nei pezzi più
lunghi, perché maggiormente personali e particolari, in cui i tempi rallentano
ed in cui i nostri sono liberi di spaziare verso territori più consoni alle
loro corde e alla loro creatività, che se lasciata a briglie sciolte in futuro,
ci potrà regalare ancora più soddisfazioni. Nel frattempo vi consiglio
caldamente di dare una chance a questo nuovo parto dei DSW, perché la merita e perché
il made in Italy a questi livelli va supportato fortemente da tutti quanti noi,
amanti di sonorità lisergiche dal cuore nero, tessute da una genetica
ancestrale e dal fascino senza tempo dei suoi tratti immutabili.
TRACKLIST:
01. Acid Cosmonaut
02. Classified
03. Crash Site
04. El Chola
05. Mother in Black
06. The Giant
07. The Well
08. Vermillion Witch
INFO:
ANNO: 2017
LABEL: Acid Cosmonaut
WEB: DSW