POST-ROCK/SOUNDTRACK |
Di gruppi post-rock rimasti invischiati nel binomio “melodia malinconica e orecchiabile” mista a “crescendo con esplosione finale” divenuto ormai tipico del genere ce n’è sono tantissimi, e di solito quando in un filone una particolare formula diviene un cliché vuol dire che esso è al tramonto. Perché i cliché fanno comodo, adattandosi a qualsiasi stagione e risultando utili scappatoie nel momento in cui le idee scarseggiano. E, cosa da non sottovalutare, fanno presa sicura sul pubblico. Per uno dei generi più alternativi ed indipendenti del rock del XXI secolo come è stato proprio il post-rock è successo questo, non risparmiando neanche uno dei gruppi simbolo del filone, gli scozzesi Mogwai.
A dire il vero, l’album uscito due anni fa, “Rave Tapes”, cercava di rinnovare la formula del quintetto soprattutto imbastardendone gli arrangiamenti con l’elettronica, inasprendone quindi il sound ed evitando almeno in parte i fantasmi dei sopraccitati cliché. Ma anche nell'album sopraccitato quei fantasmi sono sempre stati molto duri a morire, evidentemente perché costituiscono l’ossatura ed il dna di uno specifico genere che non è mai riuscito a saper fare un’adeguata operazione di “ingegneria genetica sonora” per ibridarlo, rivitalizzarlo e rinnovarlo. E così oggi ci ritroviamo con “Atomic”, titolo sibillino dato dagli scozzesi alla loro colonna sonora per un documentario della BBC inglese per le celebrazioni dei settant’anni del disastro nucleare di Hiroshima e Nagasaki dal titolo “Storyville: Atomic – Living in Dread and Promise” e diretto da Mark Cousins.
La naturale inclinazione del post-rock verso la musica da film ha fatto in modo che si creassero dei legami sotterranei e invisibili fra questi due mondi sonori, e i Mogwai l’hanno sempre intuito, trovando nelle colonne sonore oltre che uno sbocco creativo anche una fonte dalla quale attingere particolari spunti. “Zidane: A 21st Century Portrait”, le musiche di “The Fountain – L’Albero della Vita” insieme a Clint Mansell e al Kronos Quartet ed infine quelle per la serie tv “Les Revenants” sono stati gli steps progressivi che hanno portato la band a prendere sempre più confidenza con le sonorizzazioni di immagini, esperimenti interessanti e a loro modo riusciti che l’hanno certamente posta sotto una luce differente rispetto a band coeve. “Atomic” prosegue su questa strada ma il risultato rispetto al passato è altalenante e riuscito a metà: come si è accennato ad inizio di recensione, determinati cliché continuano a farsi sentire rischiando di far arenare la musica dei Mogwai su un continuo loop condannandola a ripetere sé stessa, un disco rotto sul quale si cerca di tappare le crepe con mestiere nascondendole ben bene ma che a lungo andare saltano fuori. Se in un primo momento infatti “Atomic” certamente attira l’attenzione, sulla lunga distanza inizia a perdere mordente e il tiro iniziale cala notevolmente. E questo probabilmente perché la musica è rimasta troppo legata alle immagini per le quali è stata concepita, non riuscendo quindi a vivere indipendentemente da esse e dal tono estremamente descrittivo che la scaletta assume sin dall’iniziale Ether, probabilmente il brano più classicamente post del disco. Associati al documentario i pezzi di “Atomic” acquistano un senso più pieno e una reale completezza, e dove gli intenti del gruppo trovano riscontro in immagini che a loro volta trovano perfettamente il loro corrispettivo nella musica; a tal proposito il suono scelto dal quintetto è perfetto per descrivere un mondo, quello subatomico, freddo e regolato dalle leggi meccaniche della fisica, con tastiere e synth a dominare su tutto supportate dai toni marziali della batteria elettronica. Note minimali che si espandono nelle spazio alla Carpenter, magniloquenza alla Vangelis e un retrogusto leggermente anni ’80 alla Cliff Martinez di “Drive” si ritrovano in varie dosi lungo tutta la tracklist senza però mai lasciare realmente un segno che vada oltre il terzo ascolto, dando l’idea che i Mogwai abbiamo semplicemente svolto il compitino in maniera egregia ma al di sotto delle loro capacità espressive. Are You a Dancer? e Fat Man sono i due episodi che si distaccano maggiormente da tutti gli altri perché dotati di personalità e leggermente lontani dalle gabbie dei soliti cliché ma in ogni caso è troppo poco per invogliare a ripremere play.
Probabilmente ai fan “Atomic” andrà ugualmente bene ma sarebbe un accontentarsi inutile e forzato: se i Mogwai non vorranno rischiare nelle future pubblicazioni allora forse rischieremo di perdere una grande band nel mare magnum della piattezza post-rock, e questo non ce lo auguriamo assolutamente.
TRACKLIST
- Ether
- SCRAM
- Bitterness Centrifuge
- U-235
- Pripyat
- Weak Force
- Little Boy
- Are You a Dancer?
- Tzar
- Fat Man
Anno: 2016
Label: Rock Action
Web: Official website