STONER - DOOM |
Li avevamo dati per dispersi, specialmente dopo le vicende che avevano lasciato il bassista, Tatsu Mikami, alle redini di un progetto senza più musicisti. Nonostante le premesse non proprio incoraggianti, ecco che il progetto rinasce sotto una nuova stella: non si parla più di una band 100% nipponica, ma di un gruppo che incorpora veterani della nicchia del doom. Oltre all’immancabile Tatsu abbiamo Dave Szulkin (Blood Farmers) alla chitarra, Eric Little (Earthride) alla batteria e Scott Carlson (Cathedral, Repulsion) alla voce.
Sebbene la formazione risulti totalmente rivoluzionata, lo stile resta pressappoco invariato: un doom bluesy estremamente grezzo, primordiale, condito a sprazzi da suoni di sintetizzatori, campioni registrati da giornali radio del periodo, citazioni sabbathiane e tanto tanto sangue. Resta infatti preservata la tradizione di dedicare ogni canzone ad un serial killer o ad un suicidio di massa. A questo giro c’è anche spazio per la nostra Italia con Confessions of an Embittered Soul, ispirata alle vicende di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio.Rispetto ai precedenti lavori, i brani appaiono più lenti e sofferti, lasciando ben poco spazio agli intermezzi più sostenuti. Solo la quarta traccia, River Demon, è un po’ più incalzante, quasi a voler spezzare il ritmo dell’intero album. Riff e suoni restano chiaramente legati a quelle che sono sempre state le fonti d’ispirazione della band. Pur non trattandosi di un prodotto innovativo, è piacevole lanciarsi alla ricerca delle sottili variazioni stilistiche. Tra i nuovi arrivati, chi si trova più a suo agio nel proprio ruolo è Szulkin: la chitarra segue alla lettera i dettami del basso, mettendoci ogni tanto il suo gusto personale. Il suono è eccellente, perfettamente in linea con lo stile fuzzoso dei vecchi Church Of Misery. La batteria si limita a fare il proprio dovere, sostenendo le melodie senza mai dare sfogo al proprio estro, risultando nel complesso estremamente lineare. La nota ambigua dell’intero album resta comunque la voce di Carlson. Nonostante la sua efficacia, si sente che, a dispetto delle precedenti formazioni, abbiamo a che fare con una voce più matura, più impostata se vogliamo, ma che viene a mancare di quel pizzico di brutalità incontrollata caratteristica del sound originario della band.
And Then There Were None segna un punto importante nella biografia dei Church Of Misery. Non è di sicuro un cambio di direzione, ma è un importante spartiacque tra quello che è stato e quello che sarà. Se da allora non è rimasto nessuno, è anche vero che Mikami non si è dato per vinto, dando origine in brevissimo tempo ad una Church Of Misery Mk. II, che facendo gli opportuni scongiuri, ha davvero tanto da dire. Se non vi spaventano gli sporadici richiami ai Black Sabbath (Iron Man e Wicked World, giusto per citarne un paio), se non v’infastidiscono le atmosfere crude e violente da serial killer, se il doom mescolato al rock anni settanta vi fa battere il cuore, comprate quest’album. Non ve ne pentirete.
TRACKLIST
- The Hell Benders (The Bender Family)
- Make Them Die Slowly (John George Haigh)
- Dr. Death (Harold Shipman)
- River Demon (Arthur Shawcross)
- Confessions of an Embittered Soul (Leonarda Cianciulli)
- Suicide Journey (Heaven's Gate Cult)
- Murderfreak Blues (Tommy Lynn Sells)
INFO
Anno: 2016
Label: Rise Above
Label: Rise Above