DOOM/HARD N'BLUES |
Fare centro al primo album non è mai semplice, soprattutto in
un mondo come il nostro in cui musicalmente si è praticamente detto tutto e
dove non è certo la novità a essere ardentemente ricercata dalle band e dai
fans.
Entrando più nello specifico quel che un fan di stoner/doom/sludge &
heavy psych cerca in un nuovo lavoro è quasi sempre la capacità di quest’ultimo
di generare delle emozioni, di trasportare in musica quei viaggi astrali che
ognuno di noi vorrebbe fare ascoltando i suddetti generi, perché in fin dei
conti la musica è uno stato percettivo della magia, è proprio quel feeling del tutto particolare che si
instaura tra chi la scrive e chi l’ascolta, che riconosce nel suo piccolo un
modo sempre diverso e tutt’altro che banale di analizzarla e di interpretarla. Il nostro punto di vista ci permette di leggere l’arte creata da
qualqun’altro e quando questa interazione funziona è li che avviene quella
magia di cui vi parlavo pocanzi.
Dopo gli ottimi The Heavy Eyes e Moon Curse, la Bilocation
records/Kozmic Arctifacz fa un altro centro bello grande con i Mammothwing e il
loro superbo album d’esordio, Morning Light. Un lavoro in cui l’interazione –
almeno con me – ha funzionato alla grande.
Il power trio inglese, originario di Notthingam, ha registrato e prodotto il proprio disco nel suo
studio personale - ribattezzato The Room of Doom - e si fregia di cinque brani per
poco più di mezz’ora di musica in cui un torbido scintillio hard n’blues – 69 sembra
uscita dal songbook congiunto di Joe Bonamassa, Gary Clark Jr e i Led Zeppelin
- si adagia sopra un'impalcatura prepotentemente doom – la strepitosa opener
Cosmic Vagabond - il tutto imbevuto da un mood oscuro, saturo di chitarre che
giocano a rincorrersi tra le pulsazioni visionarie di un basso dal suono ricco
e chitarre aggroviagliate in ricami fuzz pregni di esplicito magnetismo e
lisergici anfratti (Tinned Up & Fuzzed Out).
Il terzo pezzo della roccolta è uno dei brani migliori che mi
sia capitato di ascoltare ultimamente, Black Woman è incredibile, con quelle
sensazioni malinconicamente psichedeliche nella strofa e quel blues sudicio e
suadente che esplode nel sentito ritornello, in cui la voce del cantante/bassista Bill Fisher
sembra essere uscita da una perversione vocale tra Zakk Wylde e Phil Anselmo -
era Down - non penso debba aggiungere altro.
In definitiva Morning Light è un album da ascoltare,
riascoltare e riascoltare ancora, in cui è proprio quella magia ad eleggiare
sovrana, a riscrivere le coordinate chimiche dell’amore di un ignaro
ascoltatore di turno nei confronti della musica che più ama, in quel piccolo
angolo di paradiso – o d’inferno fate voi – in cui il mondo rimane fuori e quel
che resta siamo noi coi nostri sogni e la voglia di gustarci qull’ennesimo trip
che abbiamo bramato per tutta la giornata.
TRACKLIST:
01. Cosmic Vagabond
02. Tinned Up & Fuzzed Out
03. Black Woman
04. 69'
05. Chump Change
INFO:
ANNO: 2016
LABEL: Kozmik Artifactz