BLUES ROCK, PSYCH |
Ringraziamo la Thrill Jockey che ci regala questa chicca
musicale: il supergruppo dei Golden Void. Tra i membri della band troviamo,
infatti, nomi già noti nel panorama di nostro interesse, come il leader Isaiah
Mitchell (Earthless) e la tastierista Camilla Saufly-Mitchell (Assemble Head In
Sunburst Sound) e l'alchimia raggiunta dalla loro unione provoca una reazione
uguale e contraria rispetto a qualunque aspettativa.
Non è semplice descrivere le sonorità del vuoto dorato,
più che altro perché a parole il senso della musica verrebbe in ogni caso
sminuito, portando ad utilizzare termini già sentiti e talvolta abusati. Si
può, perciò, parlare di sonorità anni '70, di venature psichedeliche e di
sfondo incredibilmente rock'n'roll, ma questo potrebbe portare a pensare un po'
a tutto.
I Golden Void, invece, vanno un passo oltre, forti delle
loro esperienze già notorie e ci regalano una perfettamente equilibrata
commistione di ritmiche invitanti e melodie intriganti, non facendosi mancare
nemmeno uno strunento: dalla chitarra, alla batteria, dal basso alla tastiera e
alla voce perennemente effettata, la quale riesce a conferire ai pezzi una
dimensione in più.
La forte base di partenza rimane, senza retorica alcuna,
il riferimento agli anni 70, in linea forse con quella scelta programmatica
fatta già dai Graveyard, ma con quella dose di eleganza in più che non guasta
(che c'entri la presenza femminile?).
Art Of Invading apre il disco mettendo subito in chiaro
le idee sul progetto che il supergruppo intende perseguire, offrendoci una
canzone sì dal forte gusto classico, ma che gode della moderna tecnologia in
maniera tale da rendere i suoni avvolgenti al punto giusto, mostrando nessuna
intenzione di emulazione alcuna, bensì riproponendo e rielaborando il genere
devoto alla pentatonica per delle orecchie poi non troppo nostalgiche.
A dare la spinta giusta ci pensa Virtue, a mio parere il
pezzo più riuscito dell'album (pubblicato come track della Band Of The Week
questa settimana), dove il delay della voce viene seguito in maniera sincopata
dagli elementi melodici del gruppo, e rincorsa a perdifiato dalla mai banale
batteria. Anche laddove gli viene concessa una pausa per rifiatare, e la
melodia prevale sulla ritmica, il quartetto ci offre dei minuti di pura estasi
trasognante, evidenziando un altro dei punti di forza della loro abilità
compositiva: i controcanti. Semplicemente celestiali.
Jetsun Dolma di pinkfloydiana memoria (azzardo!) insieme
a Badlands e Shady Grove sono le tracce che più facilmente ci conducono
indietro nel tempo, per approdare ai quasi 5 minuti di blues-rock di
prim'ordine grazie a The Curve, ovvero lo stesso percorso calcato dai climax
discendenti e ascendenti del brano.
In chiusura di disco troviamo Atlantis, un coro di voci
unite in un fraterno richiamo mandato fuori nell'universo, al cui interno è
riconoscibile una citazione rivolta a Planet Cravan dei Black Sabbath, dove le
stesse atmosfere, la medesima modulazione del delay alla voce, e la presenza di
percussioni, ne ricalcano le caratteristiche. L'abbraccio di voci chiude
definitivamente questo lavoro, sopravvivendo al fade out della musica.
Questa prima produzione dei Golden Void rappresenta la
scelta di chi, in un panorama musicale e
di genere in costante evoluzione, cambiamento e sperimentazione, decide di
rimarcare i punti saldi delle origini, dimostrando che il classicismo scevro da
manierismo è davvero possibile.
TRACKLIST
- Art of Invading
- Virtue
- Jetsun Dolma
- Badlands
- Shady Grove
- The Curve
- Atlantis
INFO
ANNO: 2012
LABEL: Thrill Jockey
WEB: MySpace
GOLDEN VOID - THE CURVE