A cura di: Emiliano Sammarco
Redattori: Lucio Leonardi, Gianmarco Zampetti
TOP ALBUM:
THE OCEAN: PHANEROZOIC II: MESOZOIC | CENOZOIC (Recensione)))
Il cielo terzo si squarcia. Nei lampi che invadono il mondo, sconfinando nei suoi angoli più bui e tempestosi, si cela la mano del creatore. Cesoie che modellano i paesaggi innevati di mistero ed evoluzione. Scienza, credenze, religione, misteri, peccati, sangue, uomini, animali, guerre, sesso, vita. Tutto viene accolto dal fertile ventre di madre natura e tutto sarà giudicato alla fine dei tempi. Il sacro e il profano giaciglio della terra al centro dell’Universo.
Il viaggio dei The Ocean è stato sin qui ricco di incredibili avventure, alla scoperta del nostro passato, alla scoperta del nostro retaggio. Phanerozoic II ci porta per mano alla fine di un lunghissimo viaggio che culmina con l’era Cenozoica (la nostra). Il viaggio musicale dei tedeschi, entusiasmante dal primo all’ultimo album, esplode in questo nuovo parto come un deflagrante Big Ben che non lascia prigionieri. Il più bello, il più completo, il più emozionante. Quello che contiene al suo interno perle di una bellezza inaudita. Basti pensare ai tredici minuti del primo singolo Jurassic - Cretaceous, che vede la partecipazione anche qui, come per il precedente album nella canzone Devonian: Nascent, di Jones Renske dei Katatonia. Non una sorpresa, soprattuto pensando che il disco ruota attorno al post Metal di Isis e Cult of Luna, alla mantrica visione apocalittica dei Tool e alla malinconia andante propria dei Katatonia, il tutto confezionato in un canovaccio progressivo e modernista che include milioni di sfumature sonore da brividi. La magnificenza dell’opener Triassic, l’aggressività di Palaeocene, i vortici toolliani di Eocene, i brividi che corrono lungo la schiena nel secondo singolo (strumentale) Ogligocene, l’epica saturazione emotiva di Miocene - Pilocene e del terzo singolo Pleistocene, sino ad arrivare alla monumentale e conclusiva Holocene. Per tutta la durata del disco si avverte una continua tensione. Minacciosa, oscura, ma anche liberatoria e catartica. Che arriva dal centro della terra. Che arriva da posti sconosciuti e familiari allo stesso tempo. Posti pericolosi. Privi di luce, ma ricchi di energia vitale che arriva dal nostro stesso sangue, che scorre e nutre il nucleo febbricitante del pianeta. Le nostre radici ci chiamano, ci sussurrano l’abomino che compiamo ogni giorno contro la fertile madre che ci ha partoriti. Le nostre radici ci chiamano, ci indicano il percorso da fare per non sprofondare nell’abisso dell’ignoto da cui tutto iniziò e forse dove tutto tornerà una volta che avremo varcato il punto di non ritorno. CAPOLAVORO!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: HOLOCENE
90/100
90/100
ANNA VON HAUSSWOLFF: ALL THOUGHTS FLY (Recensione)))
Dead Magic è stato un album meraviglioso: un unione di sonorità sacrali alla Dead can Dance, cantautorato folk e ossessività psicofisiche alla Swans. Fu quell’album a farla conoscere ai più, a renderla un entità unica nel panorama musicale.
All Thoughts Fly è il suo quinto album ed è insieme celebrazione del suo strumento per eccellenza, l’organo a canne (composto esclusivamente con l’utilizzo di quest’ultimo), e del posto meraviglioso quale è il sacro bosco di Bomarzo, a Viterbo. Per aver partorito un opera del genere la nostra Annuccia deve aver carpito e compreso il magico sentore di avvolgente sacralità pagana che si respira in quel posto: sparisce la voce (cosa che mi ha rattristito ma che in un album del genere sarebbe stata superflua), spariscono le drum, i Synth, rimane lo scheletro della sua anima, rimane l’organo, trattato, puro, pindarico, ambientale, chiesastico, pagano. Rimane il suo spirito e ciò che ha provato al cospetto di cotanta mostruosa maestosità. A volte sembra di ascoltare i Dead Can Dance, altre il Tim Hecker di Ravedeath 1972, privato delle bordate di effetti e tagli e cuci di cui è maestro indiscusso. Altre volte ancora un Bach semplificato da tutti gli orpelli virtuosistici che banchetta con i Tangerine Dream di Zeit ed Alpha Centauri. All Thoughts Fly è un album strano, ambient, avvolgente, emozionante, diverso, ed attesta ancora una volta la caratura da fuori classe di questa fantastica artista.
LUCIO LEONARDI
TOP TRACK: DOLORE DI ORSINI
90/100
Per me gli Alice in Chains sono una questione di cuore. La band che più di tutte le altre ha segnato la mia infanzia!!! La Magnetic Eye Records ha fatto un lavoro impressionante in questi ultimi anni per far sì che dischi come questo riprendessero vita nel contesto che noi amanti doommabbestici (passatemi il termine) più amiamo. Pink Floyd, Hendrix, tra poco usciranno i Black Sabbath. Band stoner, doom, heavy psych, hard rock, retro rock, sludge, tutte insieme per cantare e riscoprire perle del passato che hanno segnato tutti noi. Ora il dilemma è grande. Reinterpretare o mantenere la struttura originale? Nella normalità vi direi che reinterpretare una canzone è il vero significato di una cover. In questo caso vi dico che avrei preferito mantenere l’ossatura originale dei pezzi immortali contenuti in quel capolavoro chiamato Dirt!!! E’ così che alla fine Dam That River risulta troppo irriconoscibile. Un pertugio psichedelico con linee vocali talmente lievi da non essere quasi percepite. Ed è così che invece Rain When i Die degli High Priest, mantenendo il suo originale appeal, risulta essere il brano migliore per chi scrive. All’interno di questi due antipodi troviamo tante soluzioni interessanti come nella bellissima Down in a Hole suonata dai Khemmis. Stupenda anche l’impronta hard rock che gli Howling Giant danno a Rooster, a pari merito per bellezza con la Rain When i Die che ho citato poc’anzi. Altrove le pur buone prove dei Somnuri in Dirt, dei Forming the Void in Junkhead, nulla possono nel confronto col passato, soprattutto a causa della impari lotta fra Layne Staley e qualsiasi altro cantante rock e metal in circolazione. Un buon prodotto comunque. Mi sarei aspettato qualche nome più altisonante ma ci sta. Molto bella anche Hate to Feel interpretata dai (-16-) segno evidente che quando la band vale, vale anche la cover!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: RAIN WHEN I DIE (HIGH PRIEST)))
75/100
Si può fare musica avanguardista con strumenti a fiato e farla passare nella cruna del Metal? Per gli Ottone Pesante il gioco è davvero da ragazzi. Francesco Bucci (trombone e tuba), Paolo Ranieri (Tromba e Ficorno) e Beppe Mondini alla batteria sono i fautori di una band e di un album davvero entusiasmanti. Un disco che fa della sua natura quasi prettamente strumentale il suo punto di partenza e di forza per mietere il seme del male. Se i Fiori del Male di Boudlaire (appunto) avessero una colonna sonora, sarebbe questa. Senza ombra di dubbio. Melodie darkeggianti, misteriose, oniriche, si ergono leggiadre in sofisticati passaggi lussureggianti che ostentano la loro voglia di uscire ed investire l’ascoltatore con ardente fervore omicida. DoomooD è poesia e dolore, angoscia e disperazione, è un omicidio su tappeto di velluto. Il singolo Tentacles con Sara dei Messa alla voce è uno dei pezzi più belli ascoltati quest’anno. Altrove si respira aria rarefatta, maligna, gloriosa. Un album da sentire e risentire, in religioso silenzio. Applausi a scena aperta!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: TENTACLES
86/100
ULVER: FLOWERS OF EVIL (Recensione)))
Da quando hanno abbandonato i lidi metal, i nostri lupi norvegesi hanno sempre stupito, di album in album, mutando sempre, ma riuscendo come pochi altri a mantenere i livelli di personalità e di qualità alti, a tratti altissimi, seppur cambiando radicalmente genere musicale. Anche il precedente, bellissimo, “The Assassination of Julius Caesar” stupì, traghettando il suono dei nostri su lidi tra dark wave, avanguardia assortita e persino tanto pop. Beh, Flowers of Evil arriva ben 3 anni dopo il sopracitato lavoro, e stupisce ancora, ma in maniera differente: c’eravamo talmente abituati a vederli e viverli così mutanti che un album simile, per intenti e sonorità, seppur ancor più pop-oriented, del precedente non se lo aspettava nessuno (anche se le avvisaglie date dai vari singoli usciti nell’immediato passato potevano in qualche modo far presagire ciò). Flowers of evil è un album bello, scorrevole, avvolgente, ammantato da un alone dark anni 80 (ci ho sentito tanto i Pink Floyd del periodo “A Momentary Laps of Reason), che lo rende appetibile un pò a tutti, anche se per nulla banale, dai testi alle partiture.
In base ai punti di vista, FOE stupisce, consegnandoci quello che a tutt’oggi è l’album più pop, (più del precedente), del combo norvegese. Tutto molto bello, ma alla prossima, per favore, tornate a stupirmi nel senso che intendo io.
LUCIO LEONARDI
TOP TRACK: NOSTALGIA
75/100
Magnifico questo secondo disco dei Black Elephant che escono per l’ottima Small Stone Records. I ragazzi di Savona tirano fuori un album ispirato che trae linfa vitale dalla costruzione di melodie eleganti, visionarie e psichedeliche. Gli Yawning Man sono forse la band tirata in ballo maggiormente dai nostri, che sanno tuttavia spiccare anche per una personalità fuori dal comune e un songwriting decisamente vincente. Pezzi come Berta’s Flame, The Last March of Yokozuna, le stoner oriented Red Sun and Blues Sun e Yayoi Kusama, sino ad arrivare alla suite finale a nome Govinda. Seven Sword è stato registrato da Giulio Farinelli ai Green Fog Studio di Genoa e masterizzato tra Milano e il Michigan. Brani cantati in italiano, dove emerge l’amore per il sole, il deserto e il blues più acido. Date una chance a questi ragazzi perché la meritano ampiamente. Alessio, Massimiliano, Marcello e Simone hanno tirato fuori dal cilindro un grande album.
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: BERTA’S FLAME
85/100
Ok, diciamolo da subito: ho un grosso, grosso debole per le formazioni a due elementi. E per le band che riescono ad essere auto-ironiche pur conservando una ricercatezza fuori dal comune, nella musica e nei testi. Ora che abbiamo di fatto descritto i Vile Creature, veniamo a noi.
Ci troviamo di fronte a 42 minuti di riff e muri di suono grassi, spessi e compatti, organizzati secondo una certa libertà espressiva non proprio comune nel genere.
"Glory, Glory! Apathy Took Helm!" è un disco pesante nel vero senso del termine, ma allo stesso tempo vulnerabile e struggente: attraverso una ricorrente atmosfera spiritualistica/religiosa, il duo genera un ambiente sonoro per nulla scontato e che dà una certa introspettività all'opera. Di "Glory, Glory! Apathy Took Helm!" abbiamo apprezzato tutto: la musica, i testi, il mood, il sito web completamente folle (link qui sotto!), ma soprattutto i vermi gommosi.
GIANMARCO ZAMPETTI
TOP TRACK: WHEN THE PATH IS UNCLEAR
80/100
Proseguono le Doom Session della Heavy Psych Sounds di Gabriele Fiori, mastermind, oltre che della label, anche di Black Raibows e Pilgrim, fra tutti. Anzi occhio ragazzi che il nuovo dei Pilgrim sta per vedere la luce, e viste le premesse non c'è che da essere sereni e impazienti. Ma veniamo a noi. Il secondo capitolo di queste Doom Sessions, che tanto rimandano nel nome e nelle intenzioni alle Desert Sessions di Josh Homme e soci, è davvero bello. 1782 e Acid Mammoth, queste le due band (italiane) che fanno parte di questo secondo capitolo della saga. E che band aggiungerei. I 1782 stanno diventando un po' una cult band alla stregua dei Devil’s Witches, tanto per rendervi l’idea. Anche se la loro musica si rifà in parte a loro, pendendo maggiormente sulla sponda Electric Wizardiana (le ottime Bloody Ritual, Hey Satan e Witch Death Cult non avrebbero affatto sfigurato in Black Masses degli stregoni elettrici). Dall’altra parte troviamo i Mammoth con uno stoner più grasso ma sempre fortemente occult, che deflagra nelle tre perle Black Wedding, Sleepless Malice e Cosmic Pyres. Una più bella dell’altra. Non c'è che dire. Anche questo secondo capitolo delle Doom Sessions è una perla da possedere assolutamente!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: 1782: BLOODY RITUAL / ACID MAMMOTH: BLACK WEDDING
80/100
80/100
ZAKK SABBATH: VERTIGO (Recensione)))
Conosciamo tutti il buon Zakk Wylde. Chi non è mai stato affascinato dai suoi Black Label Society? Difficile trovare detrattori del biondo sudista che ha fatto dell’integrità in musica il suo credo più ferreo. Venuto alla ribalta soprattutto per i suoi trascorsi con l’immortale Ozzy, più precisamente per essere stato il suo chitarrista per diversi anni e aver contribuito alla rinascita del principe delle tenebre. Ma si sa che il buon Zakk, a prescindere, ama da sempre i Black Sabbath e che i Zakk Sabbath altro non sono che un divertissement del chitarrista al fine di tributare i suoi beniamini. C’è da dire però che ascoltare il nostro reinterpretare il primo seminale album della band inglese, con la sua potenza chitarristica e la sua timbrica ozziana da plagio è davvero un grandissimo, enorme piacere. Vertigo magari potrà sembrare una mossa commerciale, un manovra per nostalgici, ma sinceramente a chi interessa? A me no davvero!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: THE WIZARD
84/100
Chi conosce i Boris sa che quasi ogni anno i tre se ne escono con nuova musica (siamo a quota 26 album), e sa, o forse no, cosa aspettarsi. Chi conosce i Boris e li segue, sa perfettamente che i tre sono folli, ma folli veri, e seppur partendo da una base puramente heavy e superdistorta, sanno, sempre con gusto e passione, rimescolare le carte e sbalordire, sorprendere, mantenendo la loro proposta se non su livelli sempre altissimi ma su soglie che non scendono sotto il bellissimo. Questo No arriva in sordina, a sorpresa, solo su Bandcamp, autoprodotto da cima a fondo, e deflagra come una bomba nucleare sparata in casa vostra. No è furia omicida, è distruzione, è rabbia cieca; No è un qualcosa che sta tra Sludge, crust punk, grind, thrash metal, compresso in un suono che non sentivo così spaccaorecchie e potente dai tempi dell’accoppiata Pink/Smile. Dopo Genesis, la traccia iniziale, che sradica il suono sludge dalle sue fondamenta per inserirlo in un ambiente talmente oppressivo e destabilizzante da far accapponare la pelle, si prosegue in una discesa senza sosta di ritmi veloci. L’unico respiro è dato dalla chiusa di Interlude, traccia distantissima dal resto, immersa in una liquidità psichedelica avvolgente e puntualmente bellissima. Semplicemente inarrestabili!!
LUCIO LEONARDI
TOP TRACK: LOVELESS
80/100
EN MINOR: WHEN THE COLD TRUTH HAS WORN ITS MISERABLE WELCOME (Recensione)))
Che Phil Anselmo potesse fare il crooner, il cantastorie, il menestrello del male con la sua voce profonda e calda lo si era capito già dai pezzi più intimi dei Down, o magari anche prima. Quello che nessuno si aspettava era forse un album che il nostro ha dichiarato di aver iniziato a scrivere già all’età di nove anni (si si avete capito bene, a quanto pare alcune idee arrivano da li). Il periodo di gestazione sembra attraversare l’intera vita di Phil, che per questo disco ha reso la sua voce quasi irriconoscibile, tanto cupa e profonda (ascoltate il singolo Blue e poi mi direte). Un mix di Nick Cave, Tom Waits e Mark Lanegan, attraversato da un profondo spirito folk (On The Floor Mausoleums), ai limiti del gotico in alcuni passaggi (Dead Can’t Dance, il titolo non è puramente casuale), carico di una tensione apocalittica che non avrebbe sfigurato in qualsiasi album di Mike Gira (This is Not Your Day) e che affonda le proprie radici nel profondo sud americano (la stupenda Melancholia, Hats Off). Palma di miglior canzone va a Black Mass, ma davvero bella è anche la conclusiva Disposable For You che suggella un album davvero suggestivo. Era da tanto che Anselmo non produceva qualcosa di così buono. Bentornato!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: BLACK MASS
83/100
MOTHER'S CAKE: CYBERFUNK (Recensione)))
I Mother's Cake diventano grandi!!!!! Cybefunk, come preannuncia il titolo, è davvero un disco funk (rock) che abbraccia al suo interno tantissime influenze, senza scimmiottarne mai una in particolare. Se Toxic Brother sembra uscire dalla penna dei King Gizzard & the Lizard Wizard, già con Crystal in the Sky si cambia registro grazie a un rock di più ampio respiro e anche più mainstream. E’ da I’m Your President però che la follia cyberfunk rock fuoriesce dalle casse del mio impianto stereo facendomi rimanere piacevolmente colpito. E’ così che pezzi come The Operator (che seppellisce lo stantio sound dei Muse degli ultimi album) e Hit On Your Girl (disco funk rock), sprigionano energia da tutti i pori. Dall’altra parte pezzi come Lonely Rider e le ballate Love Your Smell e Gloria sarebbero piaciute sicuramente ai Rival Sons. Un buonissimo disco che con un po' più di coraggio sarebbe potuto essere un capolavoro.
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: I’M YOUR PRESIDENT
80/100
MODERN TECHNOLOGY: SERVICE PROVIDER (Recensione)))
Scoperti tramite Bandcamp, I modern technology sono un duo (e a sentirli sembrano un trio, o un quartetto?): Chris Clarke - Bass & Vocals e Owen Gildersleeve - Drums.
Service provider è il loro primo LP che suona come un caterpillar che ti si schianta addosso. Service provider è noise, noise rock, con venature sludge, rallentamenti quasi drone doom, volumi esagerati e groove spaccaossa come non se ne sentiva da tempo.
Service provider è rabbia cieca, è cupo, pesante, asfittico e a tratti disturbante: pensate ai Godflesh che incontrano gli Unsane di “Scattered…” e persino gli Oxbow, soprattutto nella voce, per poi scendere la china accompagnato dai primi e cupissimi Unearthly trance e anche da certi Neurosis (quelli fino a through silver in blood). Ecco, i Modern Technology, sono questi, sono avvolgenti, mantrici, sporchi, quasi psichedelici, slabbrati, e cattivi, tanto cattivi. Gli inferi dell’anima.
LUCIO LEONARDI
TOP TRACK: LIFE LIKE
85/100
CRACKED MACHINE: GATES OF KERAS (Recensione)))
I Cracked Machine sono inglesi e giungono con questo Gates of Keras al loro terzo album in studio. Il terzetto ci propone un mix di psichedelia, post rock ed heavy psych, il tutto in chiave strumentale. La cifra emotiva del disco è notevole. Le strutture puntano più a costruire atmosfere e strabiliare grazie a melodie di gran gusto che sanno avvolgere e colpire al cuore, piuttosto che puntare sulla muscolorità, che comunque non manca in alcune canzoni. Pezzi eleganti come Black Square Icon, Cold Iron Light, la sognante (a dispetto del titolo) The Wood Demon, o la bellissima Low Winter Sun, con quelle atmosfere che mi hanno ricordato i The Ocean più introspettivi. Le potenzialità per cresce ulteriormente i Cracked Machine le hanno tutte.
Per ora ci godiamo questo Gates of Keras, uno degli album strumentali migliori che mi è capitato di ascoltare in questa fine estate 2020.
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: LOW WINTER SUN
80/100
Gotta Get Up, famosa canzone di Harry Nilsson del 1971, Ty ce l’aveva già fatta ascoltare quattro anni fa nello split con Loch Lomond. Ora a distanza di tempo il nostro eroe ce la ripropone insieme al download gratuito di questo Segall Smeagol, mini album di sei canzoni registrate durante il lockdown ed estratte proprio dal disco di Harry Nilsson intitolato Nilsson Schmilsson. Non che ci sorprenda la cosa vista la prolificità di Ty e anche in considerazione del fatto che Harry è in realtà un autore assolutamente in linea con Segall vista la sua capacità di scrivere canzoni dalle melodie spesso non convenzionali. Ne viene fuori un disco interessantissimo in cui Ty reinterpreta a modo suo i pezzi, con gusto garage e rasoiate fuzz. Da brividi Jump Into Fire, disco rock lacerante e acido. Coconut sarebbe stata benissimo in Twins. Per Early in the Morning invece sarà capitato a Ty quello che capitò a Manson per l’idea di Sweet Dreams. Magari non sotto l’effetto di droghe, o magari si, questo non mi è dato saperlo. Ma visti i risultati posso ipotizzarlo. Lenta, storta, ipnotica, malata. Come sempre superlativo!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: JUMP INTO FIRE
82/100
Divertiti!!! Questo l’eloquente titolo del nuovo album dei pazzi dissennati Melted Bodies. Una di quelle band talmente allucinanti da poter amare oppure odiare in egual misura. Per quel che mi riguarda è amore a prima vista. Pensare che la tremenda copertina splatter non mi aveva attirato affatto, ma una volta spinto play tutto si è fatto più bello. Dentro un pezzo dei Melted Bodies potete trovare di tutto. Bordate hardcore, noise, modernismi vari, sfuriate estreme, rallentamenti da brividi. Un po come se la follia di Patton avesse penetrato nella dura corteccia di una band hardcore. Questi ragazzi di Los Angeles sono una furia cieca. Tecnica mostruosa, grande padronanza della materia. Magari rischiano di risultare un po derivativi in alcuni punti, come nei cori al limite dell’epico di Funny Commercials (And The Five Week Migraine), ma alla fine dei conti i pezzi risultano talmente convincenti che muovere delle critiche ai nostri risulterebbe assolutamente fuori luiogo. Amare o odiare? Prendere o lasciare? Io amo e prendo senza ombra di dubbio. Ottimo album.
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: CLUB ANXIOUS
80/100
80/100
THE CROOKED WHISPERS: SATANIC MELODIES (Recensione)))
Da membri di LàGoon, Hour of 13, Luciferica e Fulanno, nascono i The Crooked Whispers, band californiana, di Los Angeles, che ci regala un proto doom dalle fortissime tinte occulte. Registrazione volutamente Lo-Fi, il disco si fregia di atmosfere talmente cupe che solo un buco nero nello spazio potrebbero descrivere con parole calzanti. Voce uscita dall'oltretomba e muri elettrici grumosi e pesanti come monoliti giacciono nelle sinapsi di un 'equilibrio zoppicante. Già dalle melodie sinistre dell'intro ciò che attende l'ignaro ascoltatore è chiarissimo. Pezzi come Sacrifice, Evil Tribute, Profane Pleasure e la lunga titletrack non lasciano scampo. Fottutamente stranianti, costruiti su trame blues che sembrano uscite dagli inferi più profondi.
Si leggono spesso frasi come...la colonna sonora dell'inferno, il male in musica, o cose simili. Bisogna ammettere che ognuna di queste è assolutamente calzante per descrivere il senso di impotenza e oppressione che questo Satanic Melodies sa esprimere a chi lo ascolta. Magari ancora un tantino acerbo, ma assolutamente vero e nero!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: EVIL TRIBUTE
75/100
KIND: MENTAL NUDGE (Recensione)))
Ero molto curioso di sentire cosa avrebbero combinato i Kind. Supergruppo composto da membri di Elder, Black Pyramid, Roadsaw e Rozamov. Edito da Ripple Music e distribuito in Europa da Kozmik Artifactz, Mental Nudge non tradisce le attese sin dall'iniziale bordata stoner fuzz di Broken Tweaker. Fast Number Two non cambia le carte in tavola, Fu Manchu e sound che affonda nei 90ies le peculiarità di questo disco che sprizza freschezza e superiorità da ogni poro. Bad Friend non avrebbe affatto sfigurato in uno degli ultimi album degli Alice In Chains, mentre Helms vince la palma di canzone più bella ed emozionante dell'intero lavoro grazie alla sua eterea aurea che mi ha fatto tornare indietro di almeno 20 anni. Un tripudio di emozioni che continua con It's Your Head, la bellissima titletrack e gli otto minuti e mezzo della conclusiva Trigger Happy, col suo assolo blues da pelle d'oca. Sospesa in aria, in bilico fra due mondi con un senso di vorticosa inquietudine che la squarcia di netto. Anche lei perfetta per gli ultimi Alice in Chains. Degna conclusione di un album straripante. SUPERIORI!!!
EMILIANO SAMMARCO
TOP TRACK: HELMS
88/100