lunedì 16 ottobre 2017

R.I.P.: Street Reaper (Review)

STREET DOOM
Da quando i R.I.P. sono comparsi sui radar della scena metal contemporanea, mi ha sempre fatto sorridere la definizione che hanno dato alla loro musica: street doom. Un ossimoro dai dubbi presupposti, paragonabile ad altre stravaganze concettuali come il christian black metal o il pop-punk. Cos’è lo street doom?
Musica scritta e suonata da occultisti che hanno studiato presso l’Università della Strada? Tralasciando il giochino delle etichette affibbiate a puro scopo promozionale, la proposta della band di Portland è una sorta di revival new wave of british heavy metal sporcato con la pesantezza dei riff di Saint Vitus e Pentagram. Ciò che potrebbe vagamente qualificare l’aggettivo “street” è un’attitudine sonora debitrice della ruvidità ritmica dei Misfits, ovviamente riproposta a un quarto della velocità. Altrimenti si chiamerebbe speed doom. Bando al sarcasmo: questo Street Reaper è quindi il prodotto di una band sanguisuga che ruba dal passato per fregarci nel presente? Niente affatto, anzi. I R.I.P. mettono in atto un meticoloso lavoro di recupero di sonorità e arrangiamenti derivativi e ampiamente metabolizzati nella memoria collettiva, selezionano i più accattivanti e gli costruiscono attorno dieci canzoni pressoché perfette. Un bignami sulle declinazioni dei primi vent’anni di vita del doom, dall’album eponimo dei Black Sabbath a Tales of Creation dei Candlemass. Musica orgogliosamente allineata a un canone inciso nel metallo per fan avidi di voci dall’oltretomba, riff taglienti ed epici assoli ben assestati. I quattro teppisti dell’Oregon non hanno bisogno di ricamare suggestioni sonore articolate (probabilmente non ne sarebbero nemmeno in grado), lontani anni luce da quel bisogno di rimirarsi allo specchio che hanno molte band heavy/doom moderne. ll loro è un ritorno alle origini e all’essenza caustica del doom prima dei piagnistei cadenzati o dei viaggi trascendentali, quando non ci si prendeva troppo sul serio e sulle copertine dei Witchfinder General si spogliavano cortigiane nei cimiteri. E anche i R.I.P. giocano molto con l’autoironia, nella proposta musicale e soprattutto a livello estetico: baffi, chiodo, scarpe da basket anni ‘80, falci di plastica e mazze da baseball a bordo di Chevrolet lowrider per paventare la tanto famigerata street credibility, in un bizzarro incrocio tra i giovanissimi Metallica, una gang di malavitosi straight outta Compton e il cast di un porno degli anni ‘70. Ebbene sì, un disco circoscritto nell’universo doom può essere entusiasmante e addirittura divertente, nonostante i semitoni abbassati e un immaginario composto da profanazioni di tombe e oscure presenze. Perché non di sole lacrime e zolfo si nutre questo genere. E con Street Reaper i R.I.P. sono pronti a investirci con tutta la loro potenza di fuoco.

TRACKLIST
  1. Unmarked Grave
  2. Street Reaper
  3. Mother Road
  4. The Casket
  5. Shadow Folds
  6. The Dark
  7. Brimstone
  8. The Cross
  9. The Other Side
  10. Die In Vain
INFO
ANNO: 2017
LABEL: Riding Easy Records
Web: Facebook

R.I.P.: UNMARKED GRAVE


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