In questi giorni ho avuto la fortuna di intervistare una band che a mio avviso non ha bisogno di presentazioni, e se non sapete chi siano gli Ornaments, beh, fatevi due domande e poi scaricate i loro dischi. (qui)
Ciao ragazzi, vi ringrazio per avere
accettato di fare questa intervista, per me è davvero un piacere.
Ho in mente poche domande: un'intervista
semplice e veloce.
Vado:
-Raccontateci di più, chi sono e come sono nati gli Ornaments?
L’origine degli Ornaments risale al 2002: mi fa impressione pensarlo, ma ormai son
passati ben più di dieci anni! All'epoca
io ed Alessandro suonavamo negli Inedia (dalle cui ceneri sono sorti i The Death
of Anna Karina). Mambro - nostro primo bassista - suonava in un gruppo molto
conosciuto in quel periodo: gli Hangin' on a Thread. Riccardo Bringhenti
militava nei Welch, una band molto brava (e purtroppo un po’ sottovalutata) di
Mantova. Nel momento in cui abbiamo fondato Ornaments ambivamo a raggiungere lo
stesso livello di impatto emozionale che avevano avuto su di noi i dischi e le
esibizioni live dei Breach e dei Neurosis. Partendo da questo punto fermo, che
ci accomunava allora ed anche adesso, abbiamo sempre cercato di intraprendere
un percorso di ricerca musicale che ci portasse a rinvenire una formula
interpretativa autonoma ed originale, combinando liberamente il metal con il post-rock.
L’attuale formazione vede al basso Enrico Baraldi che oltre ad essere un valente
fonico ha suonato in precedenza nei Nicker Hill Orchestra.
-Quali sono le vostre influenze musicali più importanti e come le inserite all'interno
dei vostri pezzi?
Abbiamo tutti
ascolti e riferimenti molto diversi, ma tendenzialmente siamo tutti dei
super-fan dei Neurosis. Sebbene siano andati ammorbidendosi, nel corso degli
anni, ogni loro disco ha sempre qualcosa da dire, e le loro esibizioni live
rimangono decisamente due spanne sopra a tutte le altre band del genere.
- La vostra
musica è difficilmente incanalabile in un solo genere ed è molto aperta
alle sperimentazioni, voi come la definireste?
Troverei limitante
calare gli Ornaments nel calderone del “post- rock”, categoria spuria che
sembra ormai essersi configurata come una sorta di genere-ombrello in cui si
muovono sotto-generi estremamente codificati. Non siamo fedeli agli standard dello
stoner, del funeral e del doom (con tutte le loro declinazioni). Non siamo così
tecnici nell’esecuzione da poter essere definiti “experimental”, oppure “avant-garde”
che dir si voglia. Non usiamo distorsioni e feedback tali da ricadere nella
congerie metal e noise, con tutti i loro postumi e cascami… Siamo più dinamici,
meno ossessivi e meno compatti, del gruppo sludge classico. Ma nemmeno così
“ambient” da poter essere definibili tranquillamente: “atmospheric”… Insomma, ci
vorrebbe Simon Reynolds qui!
Recentemente, per questioni di brevità
comunicativa, abbiamo usato la definizione “instrumental drone suites”. Non so
esattamente cosa voglia dire: è una definizione maledettamente esoterica! Ma
non mi dispiace affatto.
- Dopo "Pneumologic" (album stupendo) ho letto che siete al lavoro su un
nuovo disco, potete dirci di più? sarà sempre un concept? avra più vocals
rispetto ai precedenti lavori o rimarrete fedeli allo strumentale?
Stiamo esplorando
nuove possibilità. Abbiamo già del materiale pronto. Potrebbe essere prevista
una collaborazione che potrebbe persino sfociare nell’integrazione di un nuovo
membro. Stiamo anche sperimentando una nuova accordatura. Non so ancora se
diventerà quella definitiva per tutto il disco.
- In
occasione del record store day farete uscire uno split con gli Zeus, diteci :
come è nato lo split e come ci avete lavorato?
Lo split è nato
da una sollecitazione del nostro batterista approfondita in un successivo
scambio d’idee tra lui e Paolo Mongardi degli Zeus!/Fuzz Orchestra. Lo spunto
iniziale prevedeva d’evitare la formula classica dello split, quella dell’abbinamento
tra due band simili tra loro, ma al contrario volevamo accostare due approcci
musicali estremamente dissimili e quasi contrapposti: lentezza vs. velocità,
nervosismo vs. fluidità… In seguito si è sviluppata ulteriormente l’idea di
provare ad “impersonarci” a vicenda. Si
tratta di una possibilità creativa che è stata praticata a lungo nella musica
underground ma che forse, in tempi più recenti, non ha trovato moltissime occorrenze.
- Ultima domanda: come sta la musica underground italiana?
Dall’ottica della qualità e vivacità della proposta… molto bene direi. Ci sono
in circolazione tantissime band che hanno raggiunto un ottimo livello di
preparazione, e che non hanno nulla da invidiare, nemmeno in termini di impatto
live, ai gruppi esteri. Per citare alla rinfusa qualche nome che mi viene in
mente: Valerian Swing, Lleroy, Storm[O], Shizune, Dogs for Breakfast, Marmore,
Dankalia, Marnero, Three Steps to the Ocean, Chambers, Montezuma, End of a
Season, Go! Zilla, gli stessi Zeus!, Junk Food, e molti, molti, molti altri…
Per il resto invece la situazione non è rosea: c’è sempre carenza di posti per
suonare, non tutti i promoter sono affidabili, mancano i catalizzatori culturali,
ruolo un tempo svolto da certi centri sociali o da certe fanzine. La situazione,
in particolare fuori dai grandi centri urbani, pare molto disgregata ed allo
sbaraglio, e riflette la generale confusione politica ed ideologica che sembra
aver contrassegnato questi ultimi anni… Il pubblico non si rinnova
anagraficamente, ed i ragazzi nati negli Ottanta sembrano interessarsi ad altre
pratiche di fruizione musicale. Gli unici gruppi che funzionano, a livello di
mero conteggio di pubblico, sembrano essere quelli versati sul
nazional-popolare in chiave pop-punk.. Ma tutto il resto fatica ad uscire dall’ambito
delle cerchie più ristrette. Le quali, dal canto loro, tendono a ripiegarsi in discorsi nostalgici ed autoreferenziali…
-Ed ora, i consigli per gli ascolti: che bands state ascoltando in questo periodo e cosa ci
consigliereste di ascoltare?
Per quanto
riguarda la musica “pestona” sono sempre in cerca di gruppi in grado di
emozionarmi, ma ultimamente ne trovo sempre meno. Consiglierei, a chi non li
conosce, l’ascolto dei Terra Tenebrosa (chitarristicamente notevoli… la scelta
della voce invece, almeno per i miei gusti, è opinabile) e degli Young Windows.
Un disco che mi è piaciuto molto è quello dei The 68: il duo formato dal
cantante dei The Chariot. Bello anche il recente split Bagarre Générale/Year of
No Light. Per il resto ascolto tonnellate di musica elettronica.