PROGRESSIVE - SLUDGE - DOOM |
Nella cultura giapponese, il termine “obake” designa i
fantasmi: tralasciando il prefisso onorifico “o”, il termine “-bake” indica
qualcosa che si trasforma, che prende ogni volta una forma diversa e non è mai
completamente stabile. Gli spettri giapponesi, quindi, sono molto particolari
in quanto sono difficili da riconoscere ed identificare come buoni o cattivi,
come anche particolare è il loro rapporto con l’ambiente, specialmente quello
casalingo: un obake può nascondersi fra gli oggetti di uso comune, come un
ombrello o una lanterna, scatenando così la fantasia dei bambini che credono di
scorgere un sorriso beffardo in una candela o piatti e bicchieri animarsi
improvvisamente (giusto per avere un riferimento, Miyazaki, ad esempio, fa
continuamente cenno a questa credenza in vari suoi film).
Possiamo trasporre questo credo della cultura giapponese in
un altro ambito, quello musicale, dove i fantasmi mantengono il loro nome
originario, Obake, ma imbracciano una chitarra, un basso, una batteria, un
microfono ed elettronica assortita, hanno sfornato tre anni fa un disco omonimo
e un altro, “Mutations” poche settimane fa per RareNoise Records.
Dietro a fantasmatiche e spettrali presenze si nascondono però musicisti in carne ed ossa che hanno fatto e continuano a fare la storia dell’underground in territori avantgarde, perseguendo ostinatamente suoni al limite del rumore e mettendo continuamente alla prova gli ascoltatori. Chi conosce già la band o l’etichetta, i nomi di Eraldo Bernocchi, Lorenzo Esposito Fornasari e Balasz Pandi non suoneranno nuovi: ad affiancarli a partire proprio da questo nuovo album, dopo la dipartita di Massimo Pupillo degli Zu, troviamo Colin Edwin direttamente dai Porcupine Tree. Una band, quindi, che continua a mantenere un altissimo profilo sotto tutti gli aspetti, sia tecnico che compositivo.
Dietro a fantasmatiche e spettrali presenze si nascondono però musicisti in carne ed ossa che hanno fatto e continuano a fare la storia dell’underground in territori avantgarde, perseguendo ostinatamente suoni al limite del rumore e mettendo continuamente alla prova gli ascoltatori. Chi conosce già la band o l’etichetta, i nomi di Eraldo Bernocchi, Lorenzo Esposito Fornasari e Balasz Pandi non suoneranno nuovi: ad affiancarli a partire proprio da questo nuovo album, dopo la dipartita di Massimo Pupillo degli Zu, troviamo Colin Edwin direttamente dai Porcupine Tree. Una band, quindi, che continua a mantenere un altissimo profilo sotto tutti gli aspetti, sia tecnico che compositivo.
E “Mutations” ne è la dimostrazione. Rispetto al suo predecessore,
in questa nuova opera si avverte una certa compattezza nel songwriting dei
singoli pezzi: lì dove l’omonimo disco si concedeva qualche libertà in più,
giocando molto sul fattore sorpresa di un’atmosfera continuamente cangiante,
qui invece sembra quasi che i musicisti abbiano voluto puntare su determinati
aspetti del loro stile, facendoli maturare e orientandoli maggiormente verso ciò
che vogliono trasmettere. Per questo il mood generale del disco potrà risultare
più compatto ed unitario ma per alcuni, probabilmente, anche leggermente meno
vario. Ciò che non è cambiata è certamente la pesantezza del sound che ha un
suo forte peso specifico, talmente satura da poter stimolare ogni nostra
percezione uditiva, essere quasi toccata e riuscire a evocare delle presenze
sonore sinistre e inquietanti nella nostra mente.
Il rito che gli Obake vogliono officiare dura l’arco di otto
pezzi: in “Mutations” si possono percepire, più come ombre lontane che come
presenze forti (ed evitando così di essere ingombranti influenze), echi
progressive un po’ alla Tool di “Lateralus” e “10.000 Days” e degli ultimi King
Crimson, interferenze industrial date soprattutto dalla chitarra di Eraldo
Bernocchi, abissali profondità sludge e momenti più riflessivi dove gli
strumenti ricreano dinamiche rarefatte ma sempre tese e inquiete, simili a un
mare mosso da onde leggere, come avviene in “Burnt Down”. Non c’è bisogno di
sottolineare una traccia rispetto ad un’altra in quanto tutto l’album riesce a
mantenere altissima l’attenzione e la curiosità grazie al suo forte fascino
sonoro: per ricercare tutte le caratteristiche precedentemente descritte si
potrebbero citare, forse, gli ultimi due pezzi, “M” e “Infinite Chain”, che
hanno il merito di emergere un po’ di più rispetto agli altri grazie alla loro
originalità. E’ invece da sottolineare la prestazione di Fornasari dietro al
microfono: semplicemente, la sua è una prova superlativa per il modo con cui
riesce ad impreziosire i brani con un cantato perfettamente adatto per il tipo
di atmosfera ricercata dal gruppo, riuscendo a passare da un tono possente al
limite dell’operistico ad un pulito molto evocativo, simile ad una voce spettrale
proveniente da altrove. L’entrata di
Edwin si è rivelata una scelta interessante, visto come il suo modo di suonare si sia dimostrato funzionale al songwriting di quest'opera: un bassista completamente diverso da quello degli Zu, essendo dotato di un tocco più rock e jazz e che
proprio in “Mutations” riesce a muoversi in entrambe queste direzioni.
Probabilmente meno folle, leggermente meno ritualistico e
con toni meno astratti rispetto al precedente, “Mutations”, alla fine degli
ascolti, si pone comunque come uno dei migliori dischi usciti quest’anno per la
sua originalità, la particolarità delle atmosfere e il songwriting ispirato che
evita il fantasma di potenziali momenti morti.
Lo spettro dalle molte teste ne ha perse tante, ma ciò è solo un’illusione: non sono cadute, né gli sono state recise. L’obake-spettro le ha riunite in una sola. La mutazione è avvenuta. Ciò che chiede ora è soltanto riverenza e ascolto.
Lo spettro dalle molte teste ne ha perse tante, ma ciò è solo un’illusione: non sono cadute, né gli sono state recise. L’obake-spettro le ha riunite in una sola. La mutazione è avvenuta. Ciò che chiede ora è soltanto riverenza e ascolto.
TRACKLIST:
- Seven Rotten Globes
- Seth Light
- Transfiguration
- Thanatos
- Second Death Of Foreg
- Burnt Down
- M
- Infinite Chain
INFO:
ANNO: 2014
LABEL: RareNoise Records
WEB: Obake on facebook
Obake - Infinite Chain