lunedì 20 maggio 2019

MELVINS: i veri eroi del rock alternativo a stelle e strisce

 

Parlare del ruolo imprescindibile che i Melvins hanno rivestito e tuttora continuano ad avere per la musica tutta da trent'anni a questa parte rischia di risultare un mero, lapalissiano esercizio di stile. La band, muovendo i primi passi nella scena underground dello stato di Washington per poi trasferirsi stabilmente in California, ha contribuito enormemente a delineare coordinate sonore ed estetiche di innumerevoli generi, dallo stoner allo sludge, dall'alternative al noise, il tutto caratterizzato da un gusto per il bizzarro e per la sperimentazione che rappresenta forse la vera cifra stilistica del gruppo.
Dagli esordi con la leggendaria Boner Records agli album di culto usciti in piena epoca grunge per la Atlantic, fino ad arrivare al nuovo millennio con l'ormai consolidato sodalizio con la Ipecac: la band di Buzz Osborne e Dale Crover in oltre tre decenni di attività ha attraversato e inevitabilmente segnato ogni fase della musica rock a stelle e strisce, divenendone senz'ombra di dubbio una delle formazioni di maggior culto.
Il 2018 ha visto il loro ritorno sulle scene con Pinkus Abortion Technician, ed il prossimo 24 giugno torneranno in Italia - in compagnia dei Red Fang - per un imperdibile concerto al Carroponte di Sesto San Giovanni (MI) prodotto da Hub Music Factory. E proprio la loro prossima esibizione nel nostro Paese ci ha fornito l'assist per porre qualche domanda a Dale Crover, batterista storico della band (impegnato altresì in innumerevoli progetti paralleli).

Ciao, Dale! Cominciamo subito col parlare del vostro ultimo album, Pinkus Abortion Technician: sembra che la collaborazione con Jeff Pinkus dei mai abbastanza idolatrati Butthole Surfers abbia dato nuova linfa alla vostra band: puoi dirci come è nato questo sodalizio e cosa ha rappresentato per voi la musica del gruppo texano?
Siamo fan di lunga data dei Butthole Surfers, e con Jeff siamo ottimi amici da ormai più di vent’anni! Ha cominciato a suonare dal vivo con noi quando Jared Warren stava per diventare padre e si è preso una pausa: da lì le cose si sono evolute fino a registrare un album con Jeff stesso e Paul Leary (chitarrista dei Butthole Surfers, ndr), per poi arrivare all’ultimo lavoro con Jeff e Steven McDonald. 

A proposito di Pinkus, avere due bassisti in formazione può rappresentare un fatto curioso ma certamente non insolito per un gruppo come il vostro (basti pensare al doppio batterista durante la collaborazione con i Big Business): quanto è importante per voi continuare a sperimentare con la vostra musica, anche dopo più di tre decenni di attività?
Sembra strano solo perché non è una cosa comune. Molti gruppi vanno al di là di come, secondo delle regole non scritte, dovrebbe essere una rock band, e infatti hanno due bassisti o due batteristi in formazione. È stato fantastico che due grandi bassisti, ognuno con il proprio distinto stile, abbiano suonato per noi!
Continuare a sperimentare e a rendere le cose interessanti è fondamentale sia per noi che per il nostro pubblico.

Per un gruppo come il vostro, che si esibisce molto spesso dal vivo e che vanta una vasta e ragguardevole discografia, la composizione delle setlist dev'essere sicuramente una questione di primaria importanza: quanto è difficile riuscire trovare il giusto equilibrio tra i pezzi storici che ogni fan vorrebbe sentire e le nuove canzoni?
Oh, sì, passiamo molto tempo a pensare a cosa suonare e a pianificare le nostre setlist e l’ordine dei brani in scaletta. Di solito dividiamo il nostro catalogo in tre parti e suoniamo dei pezzi da ognuna di esse: una con le canzoni più vecchie, una con quelle un po’ più recenti e infine un'ultima con i brani più nuovi. E ovviamente suoniamo alcune cover, cosa che abbiamo sempre fatto sin dal primo giorno.

L'influenza che la vostra musica ha avuto sul rock alternativo americano di fine anni ‘80/inizio anni ’90 è innegabile, e in qualche modo avete contribuito all'esplosione del fenomeno che salirà poi alla ribalta delle cronache di tutto il mondo come “grunge” (scena a cui sembrate ancora essere legati a doppio filo, basti pensare all’esibizione durante il recente concerto tributo in memoria di Chris Cornell): cosa ha rappresentato per voi il grunge? E qual è stato il suo reale lascito ai posteri?
Siamo stati molto contenti di essere stati invitati a suonare al concerto per Chris! Abbiamo fatto un tributo ai primissimi anni di quella scena con un medley di due brani di Malfunkshun e Green River (With Yo’ Heart, Not Yo’ Hands dei primi e Leech dei secondi, ndr) e poi abbiamo suonato la nostra versione di Spoonman. È stata una grande serata ed un’esperienza davvero emozionante.
Detto questo, non siamo dei grandi nostalgici del passato. Abbiamo messo davvero tanta strada tra il passato ed il presente.

In Italia godete da sempre di un grande seguito, si può tranquillamente parlare di voi come di una vera e propria band di culto. Avete degli aneddoti o dei ricordi particolari relativi ai vostri concerti italiani, risalenti magari agli inizi della vostra carriera?
Il pubblico da voi è molto caloroso ed affezionato.
Ricordo di una nostra esibizione a Roxy Bar (trasmissione musicale condotta da Red Ronnie andata in onda negli anni ’90, ndr): Patty Pravo e Al Di Meola erano gli altri ospiti, e poi c’era un gruppo italiano che suonava cover di pezzi rock ‘n’ roll anni ’50 e che si portò dietro il proprio seguito di ragazzini. Fu un’esperienza davvero surreale!
Fu la stessa volta in cui per scherzo cominciammo a dire che i film di Fellini altro non erano che documentari sulla normale, comune vita italiana.

Il vostro ultimo album vede la presenza di una cover di un celebre brano dei Beatles, I Want to Hold Your Hand: cosa c’è dietro questa scelta?
In realtà è una cover della versione dei Moving Sidewalks. I Moving Sidewalks erano la band di Billy Gibbons prima che nascessero gli ZZ Top. Avevano fatto una versione psichedelica davvero fantastica di quel brano, e prima di inserirla nel nostro ultimo disco l’avevamo già suonata dal vivo.

È innegabile che oggigiorno il rock non sia più così popolare tra i giovani (basti pensare a com'era la situazione anche solo un paio di decenni fa), ma questo non significa che non ci siano più gruppi validi lì fuori: quali sono le tue band preferite attualmente, o comunque quelle che ritieni tengano ancora alta la bandiera del rock?
Penso che ultimamente sia uscita davvero un sacco di roba interessante. Il nuovo album di Jon Spencer è fantastico! Ma mi piacciono anche i nuovi ShitKid, Helms Alee, Black Mountain, Lemon Twigs, More Blood, More Tracks di Bod Dylan…

Cosa pensi dell’attuale condizione del mercato discografico, e in futuro come credi potrà evolversi la situazione? Prevedi che le piattaforme di streaming musicale alla lunga soppianteranno definitivamente i supporti fisici, oppure il fatto che il vinile sia recentemente tornato in voga può lasciarci ben sperare?
Non vedo come le piattaforme di streaming possano portare i giovani a pagare per qualcosa che possono già avere in maniera gratuita. E no, i giovani non si interessano a vinili o CD, non abbastanza. Anche se c’è un ritorno al vinile, non è comunque un fenomeno abbastanza diffuso da poter supportare l’intera industria che c’è dietro. Fare vinili costa tanto e non c’è domanda. È un mercato di nicchia per collezionisti, ne siamo consapevoli, ed è per questo che tendiamo a produrre stampe che siano pezzi da collezione.

Quali sono i vostri piani futuri? Quando avremo modo di ascoltare un nuovo album dei Melvins?
Abbiamo un sacco di progetti in uscita quest’anno. Un EP con i Flipper dal titolo Hot Fish, così come uno con ShitKid e Redd Kross. A proposito dei Redd Kross, a fine estate uscirà il loro nuovo album, Beyond the Door, nel quale ho anche suonato la batteria.
E ci saranno molte altre sorprese nei negozi!

Grazie infinite per la disponibilità, ci si vede a giugno al Carroponte!
Grazie a voi, vi aspettiamo sotto il palco!




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