Il tour sta andando benissimo, è stato incredibile! Siamo stati in Francia, in
Spagna, in Portogallo, ieri la Svizzera e sì, tutto sta andando molto bene.
Questa è la nostra prima volta in Italia, quindi siamo davvero eccitati di
vedere cosa accadrà. Il tour durerà un mese, le date sono 29 e avremo
finalmente un giorno libero domani!
C’è una grande crescita tra l’ EP “Oathbreaker” e Rheia, come
vi hanno influenzati i vostri background musicali?
E’ una domanda difficile, penso che nell’ ep eravamo molto giovani, avevamo 18
anni. Gli Oathbreaker esistono da 9 anni, è normale che sia presente una
determinata crescita: non ascoltiamo più la stessa musica rispetto a prima. La
cosa più importante è che sapevamo come il progetto Oathbreaker dovesse
suonare, ma c’è voluto un po’ di tempo per capire e renderci conto come unire
tutti gli elementi. Per esempio sapevo che ci fosse un modo in cui il cantato
pulito si unisse a blast beats piuttosto veloci, ma in questo disco c’è stata
più che altro una ricerca verso l’unione del tutto. Penso che su questo lavoro
sia la prima volta in cui abbiamo avuto successo nell’ avere il sound che
desideravamo veramente. Per esempio, registrare con Jack (Shirley) a San
Francisco ha davvero aiutato in ciò. Prima di registrare volevamo che tutto
fosse perfetto, con tutti i dettagli al loro posto. Non volevamo suonare come
un robot ma come una band. Ci ha spinto a sentire e a fare questo disco come un
qualcosa di prettamente organico, senza metronomi, senza nulla. Ed è
esattamente quello di cui avevamo bisogno, di far suonare gli Oathbreaker come
gli Othbreaker. Ci ha spinto verso un punto in cui abbiamo registrato quello
che solo noi suoniamo, e non qualcosa che chiunque possa suonare.
C’è un punto focale attorno al quale hai deciso di
scrivere i testi?
Sì, tutto il disco riguarda mie esperienze personali, quindi c’è molto del modo
in cui sono stata cresciuta, un sacco di mie esperienze riguardanti la mia
gioventù. Come la morte di mia nonna, che è l’argomento di una delle canzoni.
Tutto è molto introspettivo, prima anche, ma adesso è qualcosa di molto più
diretto rispetto a quello che era prima.
Ho la versione in vinile di Rheia e al suo interno ci sono quattro artwork rappresentanti parti del corpo umano, come mai avete optato per questa scelta?
È stata una scelta ben ponderata e fortemente voluta, perché il disco è davvero
personale, aperto e umano. Ho voluto che l’artwork rappresentasse qualcosa che
puoi quasi sentire al tatto, e ci sono solo poche cose con cui ottenere questo
risultato, come capelli, pelle e parti del corpo umano. Si tratta di cera per
candele, l’abbiamo sparsa sul mio corpo e sull’ acqua. Quando la cera tocca la
superficie dell’acqua e ci immergi la mano, per esempio, puoi creare bellissime
forme e figure. Tuttavia è davvero calda e fredda allo stesso tempo, perché
l’acqua era gelata in maniera da non far diventare dura la cera, che era
bollente. Abbiamo fatto ciò con il mio intero corpo e ha bruciato parecchio, ma
il risultato è molto bello. È parte del processo di lettura del disco, è qualcosa
che deve far male un po’ ed è esattamente ciò che ha fatto. Ho davvero voluto
farlo da sola perché è sia più semplice che personale. Quindi sì, ho voluto che
fosse una specie di secondo strato di pelle, in maniera da simbolizzare
un’evasione e un’apertura.
C'è qualche specie di connessione anche con i video?
Sì, è tutto connesso. Il primo video dovrebbe trasmettere una specie di
stranezza e imbarazzo nelle persone che lo vedono. È strano infatti guardare il
video perché trasmette quasi nudità. Di solito quando facciamo dei video non ci
puoi realmente vedere, è tutto molto coperto. Questo d’altra parte è davvero
nudo, essenziale e puro, e volevo che le persone si sentissero imbarazzate nel
guardarlo, ed è quello che trasmette. Il testo è davvero diretto, e spesso
quando ne parli con qualcuno, quella persona rimane sorpresa e colpita e quando
guardano il video lo sentono sulla loro pelle, è esattamente quello che volevo
trasmettere.
Siete parte della Church of Ra, che è nota maggiormente per gli Amenra. Come vi ha influenzato ciò, avendo anche un membro degli Amenra con voi? Quale è la connessione che avete con la Church of Ra e il Belgio in particolare?
Abbiamo un musicista che fa parte degli Amenra, ma prima di suonarci gli
Oathbreaker già esistevano, quindi non siamo una specie di side-project. Tutta
la Church of Ra è una specie di collettivo, persone che si conosco, siamo tutti
amici. Condividiamo lo stesso background musicale e abbiamo membri in diverse
band. È una cerchia di persone molto aperte mentalmente e talentuose, è davvero
facile creare una nuova band con tutte queste persone interessate. Un esempio
sono i Wiegedood che sono nati così. Tuttavia non è sempre la stessa gente e al
centro non c’è sempre e solo la musica, ma anche l’arte, la fotografia e tutto
ciò che riguarda la grafica. C’è un sacco di gente interessata in circa le
stesse cose e anche se non lo sono si influenzano a vicenda con altri
interessi. Per esempio io lavoro per un sacco di brand nell’ambito della moda e
faccio design grafici e visuali per loro. Ci sono davvero tante cose che ci
connettono l’uno all’altro, e non è tutto ristretto alla sola musica. Viviamo
tutti nella stessa area e siamo un gruppo di buoni amici, ed è una bellissima
cosa da avere. I gruppi sono anche molto diversi: gli Oathbreaker, per esempio,
sono molto diversi dagli Amenra. Si tratta solo di buona musica e buoni amici,
ed è la cosa più importante.
Prima del tour il vostro batterista ha lasciato la band, in che circostanze? E come siete riusciti a trovarne un altro?
Ha avuto un problema abbastanza serio ad un piede, e le canzoni sono davvero
veloci da suonare. Penso abbia strafatto un po’ e quindi è stato davvero
difficile da curare. Ci è voluto un anno per attutire il dolore, ma anche
quando non faceva più male non riusciva più a controllarlo come faceva prima e
suonare un intero set per giorni. Wim era il batterista dei Rise and Fall e dei
Wiegedood, e anche un nostro grande amico. È venuto con noi in molti tour, ogni
tanto per fare le luci e altre per guidare. Era sempre con noi e quindi
sapevamo che sarebbe stato l’unico a poter farlo anche perché è un batterista
eccezionale. Ivo aveva anche un lavoro che non voleva lasciare e l’abbiamo
compreso, solamente che sentivamo fosse arrivato il momento in cui suonare in
giro full time e non poteva, quindi sapevamo che il momento sarebbe giunto. Era
più che altro il come e il quando, e specialmente come sistemare il problema il
prima possibile. Wim è venuto con noi anche in America e continuerà a suonare
la batteria con noi. Credo e spero rimarrà con noi come membro fisso.
Come ti sei trovata nell' utilizzare la voce femminile in un mondo in cui ci sono specialmente cantanti maschi?
Non lo so, sono solo una donna, non ho scelto di nascere donna. Da quando
abbiamo creato questa band per me non c’è nulla di strano. Più si parla di ciò,
del fatto che c’è una donna in una scena in cui ci sono solo uomini, più la
cosa diventa strana. Penso ci siano un sacco di donne nelle bands. Ci sono un
sacco di uomini che credono non ci siano abbastanza donne ma in realtà ci sono.
Non ho mai avuto ostruzioni essendo una donna in un gruppo, ho avuto lo stesso
numero di opportunità di un uomo. Si tratta di qualcosa che bisogna
semplicemente affrontare. Si lavora duro e si prova a dare il massimo.
Che tipo di band siete, e come vivete l' esperienza del tour?
In realtà non lo so, siamo un sacco di tempo nel van, guidiamo un sacco.
Suoniamo ogni giorno ed è davvero dura, domani avremo un giorno libero e sono
davvero eccitata all’ idea di riposare il più possibile. La cosa più importante
per me è mangiare bene e dormire il giusto perché aiuta quando sono stanca, si
tratta delle sole cose di cui ho bisogno. Se rimango seduta nel van per 15 ore
non importa, fin quando posso dormire di notte. Ovviamente non posso ammalarmi,
è davvero importante, e non posso bere troppo. Ho bisogno di prendermi cura di
me stessa e del mio corpo ed è normale. Stiamo facendo un lavoro davvero intenso, il corpo inizia a rendersene conto e c’è bisogno di occuparsi specialmente di
quello.