mercoledì 5 luglio 2023

KHANATE: To Be Cruel (Review)))

DRONE DOOM METAL
Io non so se partire con la descrizione di chi siano i Khanate, perchè se non li conoscete, mi sa che non dovreste nemmeno essere tra queste pagine (no dai scherzo, ma dovreste lo stesso conoscerli). Ma oggi mi sento buono e parafrasando il titolo meno crudele, quindi vi dico solo che sono l’unica band che ha saputo dare uno scossone importante e forte ad un genere, il doom, che da molto tempo era stantio e stava invecchiando male. Come? Con una formula che seppur facendosi carico di riff puramente sabbathiani ne rallentava all’inverosimile il Groove, riempiva il tutto con feedback malsani e stasi drone, una batteria atrofizzata, lenta come mai prima d’ora, e una voce che prendendo spunto dal black metal, sapeva e sa essere espressiva, unica e realmente disperata. Quindi sono: Stephen O’Malley (chitarra), un uomo che non ha bisogno di presentazioni spero, Tim Wiskyda(batteria), James Plotkin (basso e synth) e Alan Dubin (voce), tra il 2000 e il 2009 hanno pubblicato tre album, di cui Things Viral del 2003 è il loro capolavoro, più un ultimo lascito che riprendeva registrazioni frutto delle sessions per il disco precedente e le riportava alla luce. Da lì in poi, dopo lo scioglimento, impegnati ciascuno in altri , sempre parecchio oscuri progetti, il nome della band entrò di diritto nel gota dei più importanti nomi del metal estremo di inizio anni zero, giustamente. Da allora quindi il vuoto, il nulla, non se ne seppe più nulla, fino a questo 19 maggio in cui, a sorpresa, tornarono.

“To Be Cruel” è il titolo, e riparte proprio da dove tutto era terminato, 14 anni dopo, con una forza oscura che ancora, tutt’oggi, ha pochi rivali: 3 tracce, chilometriche, 61 minuti di musica, che ricolmano il vuoto lasciato. Nessun evoluzione, nessuna novità (ma veramente cercavamo novità in una band che ha fatto di questo suono il suo distinguibile marchio di fabbrica e che ancora oggi riesce a suonare diversa e unica da chiunque altro?), solo un ora di cupa discesa negli inferi dell’anima, come da prassi, lentissimo, marcio, destabilizzante e nero come il vuoto cosmico. Non c’è ironia tra questi solchi, solo la voce di un anima martoriata da chissà quali indicibili disgrazie.


Una volta, in una recensione lessi che i Khanate sono il suono del trapasso stesso, e non c’è descrizione più appropriata, visto che sembra lo descrivino con minuzia certosina. 


Bentornati ragazzi, ci mancavate, tanto, ma adesso, non abbandonateci più, perchè stranamente, la vostra musica ha un che di terapeutico e salvifico, in questo mondo al collasso che solo voi sapete descrivere con tanta verosimiglianza.

90/100



KHANATE - LIKE A POISONED DOG (EDIT)


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