lunedì 29 ottobre 2018

IO E I MIEI DISCHI: Marco Tabacchini (Sunpocrisy, Demikhov)


In attesa di avere presto novità dalla sua band di provenienza,abbiamo intervistato per Io e i Miei Dischi Marco Tabacchini dei bravissimi Sunpocrisy. Buona lettura!

1. Il primo disco che hai comprato
Avrò avuto sui dodici anni, quando la priorità era quella di ritagliarsi una qualche identità propria e, possibilmente, in contrasto con quella modellata dai genitori. Si incominciava a decidere chi frequentare e chi no, quali vestiti indossare e anche quale musica ascoltare. Non che mi fosse andata poi così male... mia madre ascoltava i cantautori italiani, mentre mio padre poteva vantare tra i suoi dischi Tubular Bells o i Carmina Burana. Ad ogni modo le prime scelte musicali caddero sui grandi classici della gioventù tossica di provincia: Doors, Nirvana, Queen. La prima cassetta che comprai fu proprio The Works. Benché la mia passione verso la band britannica sia durata il tempo di un'estate, e oggi fatichi a sopportarne l'ascolto, un brano come Hammer to Fall riesce ancora a farmi vibrare.

2. L’ultimo disco che hai comprato
Si tratta di Dead Hills dei Wolf Eyes, acquistato oggi in rete dopo svariate peripezie. Comprare dischi che desideriamo da tempo è divenuto ormai così facile e immediato, "solo" una questione economica! E tuttavia, benché per i feticisti dei supporti materiali la rete sappia proporsi come un continente pieno di meraviglie e insidie, resto ancora oggi affezionato all'arte di circolare per negozi, banchetti e distro, ossia gli unici posti dove puoi trovare tutto quello che non cerchi, semplicemente perché ancora non lo conosci. Bastano un nome o un titolo curiosi, una copertina accattivante o l'aver scambiato due parole con la band, talvolta ancor prima del loro concerto. Come è successo giusto qualche giorno fa con i bulgari Feedbacker: è bastata una buona impressione per convincermi ad acquistare il loro disco!

3. Il disco che ha cambiato la tua vita
Impossibile e ingiusto doverne citare soltanto uno! Sono troppi i dischi che in un modo o nell'altro mi hanno impresso una svolta indelebile, visto che ogni momento della mia vita ha avuto i suoi ascolti decisivi: Korn, Dead Kennedys, Tool, Neurosis, Swans... Mi limiterei pertanto a segnalare due ascolti che hanno segnato un punto di non ritorno nella mia attività di musicista. Il primo è stato Hostile Ambien Takeover dei Melvins: è grazie a loro che ho deciso di suonare il basso. Fino a quel momento la musica era quella cosa sì appassionante, ma che si ascolta e di cui si discute; da allora è diventata qualcosa che chiede di essere praticata e sofferta ogni giorno. Il secondo è capitato sette anni fa, quando i Sunpocrisy, allora in quattro e alla ricerca di un chitarrista, mi proposero di ascoltare i brani che da lì a poco avrebbero costituito Samaroid Dioramas. L'esperienza fu così intensa e coinvolgente che accettai senza riserve l'invito a imbracciare la chitarra con loro.

4. Il disco che ti vergogni di possedere
Nessuno in particolare, dal momento che tutti quelli che mi hanno deluso sono rimasti ben poco tempo in casa. Se devo proprio citarne uno, allora La grande danse macabre dei Marduk. Mi spiego: intorno ai sedici anni ho avuto un lungo periodo di infatuazione, anzi di ossessione, per il black metal (l'infatuazione è rimasta, l'ossessione per fortuna ha lasciato spazio anche ad altri ascolti). Poi di colpo è sopraggiunta l'illuminazione politica, in quella forma così poco pacata e moderata che contraddistingue i liceali, e con essa la messa al bando di tutto ciò che sembrasse politicamente ambiguo. Così ho liquidato buona parte della mia collezione black metal, tanto esteticamente compromessa. Inspiegabilmente, l'unico cd ad essersi salvato fu proprio La grande danse macabre (assieme, beninteso, a tutta la discografia dei Mayhem, che restano al di là di ogni giudizio o riflessione). Poi col tempo, quando la vista si è affinata e le posizioni radicali si sono leggermente smussate, ho provato vergogna per questa sorta di epurazione adolescenziale. Anzi, una doppia vergogna, visto che a essere rimasto è stato proprio il disco dei Marduk che meno ho apprezzato della loro carriera!

5. Il disco con la copertina che preferisci 
Tutte domande semplici, vero? Sarò rapido e preciso: We Live degli Electric Wizard per il perfetto connubio di malessere e psichedelia; Times of Grace dei Neurosis e Loveless dei My Bloody Valentine per la sintonia totale con cui la copertina accompagna il suono. Ma il primo posto spetta al bootleg In Memorium dei Mayhem, con quel rosa acceso che cola così perturbante e alieno sullo sfondo scuro. Trve cvlt.

6. Il disco che hai sempre sognato di avere
Ce ne sono stati diversi... Fortunatamente un po' alla volta li ho recuperati tutti, prima Ego:Echo degli Ulan Bator (versione Young God Records con quella copertina così elegante), e poi Sing The Separation dei Dead Elephant. Quello che ancora oggi sento mancare nella mia collezione è Templeball dei Sons Of Otis, album che descrive alla perfezione cosa significhi per me la parola "stoner": ottuso, massiccio e pachidermico.

7. Quanto è grande la tua collezione?
Non abbastanza da scordarmi cosa ancora latita sugli scaffali! I vinili non superano il centinaio, mentre i CD sono dieci volte tanto! Le cassette hanno invece ripreso a crescere proprio negli ultimi tempi, dopo anni di numero stazionario.

8. Che ordine segui (se è ordinata)?
Decisamente ordinata, ma in modo alquanto banale e tradizionalista: la classica – ben poca, a dir la verità – da un lato, poi musica cosiddetta etnica, e poi tutto il resto, rigorosamente in ordine alfabetico per nome dell'artista. L'effetto è un po' surrealista (Radiohead vicino a Refused e Rorcal, i CCCP tra i Cave In e i The Chariot), ma ha i suoi vantaggi...

9. CD o vinile?
CD sopra ogni cosa, ma anzitutto per questioni biografiche... dopotutto ero un adolescente degli anni '90. I vinili hanno per me un valore aggiunto solo se gli artisti hanno saputo sfruttarne le maggiori dimensioni pensando copertina e libretti adeguati. Stampare in vinile e trascurare l'artwork è uno scempio. Certi dischi, d'altra parte, sono rimasti legati a particolari esperienze non trasferibili su altri formati: Lateralus dei Tool e lo stesso Eyegasm, Hallelujah! dei Sunpocrisy sono stati ascoltati una seconda "prima volta" con l'arrivo del vinile; oppure Atom Earth Mother dei Pink Floyd, che ho amato per anni su cassetta tanto da non riconoscerlo in altro formato.
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