lunedì 15 gennaio 2018

YLVA: Meta (Review)

POST SLUDGE METAL
È curioso notare come la denominazione di alcuni generi musicali moderni venga spesso abbinata a un elemento fisico: l’etimologia della parola jazz presuppone svariate ipotesi, tutte associate alle (incresciose) sensazioni corporee che esprime. Il pop ha il nome e la brevità di un suono onomatopeico ed essenziale, una bolla di sapone, un'illusione melodica che vive e muore in pochi istanti. Salendo nella scala gerarchica della musica (e nella corrispettiva tabella degli elementi), l'appellativo rock definisce una consistenza concreta e immanente, mentre l’heavy metal richiama un’orgia di ferraglia in febbrile movimento. Nell’infinito universo metallico però ci sono deformazioni sonore per cui è necessario stabilire nuovi parametri e conseguenti descrizioni.
Come dare un’identità alla musica degli Ylva? Mutandone la percezione oltre la forma fisica, aggiungendo una dimensione spaziale. Le fondamenta sonore sono erette grazie a canoni di riferimento ascrivibili allo sludge, ma questo Meta (preposizione greca che esprime uno scarto, un cambiamento, un “oltre” ma, nella nostra lingua, anche un punto di arrivo) fin dalle prime battute assume la parvenza di un luogo in una zona oltre l’umano, dove la sostanza d’origine è stata concepita e plasmata, ha preso consapevolezza di sé, scatendando una rivolta che ha instaurato la dittatura della macchina contro l’uomo e la sua conseguente estinzione. Musica oltre la forma tangibile quindi, post-metal e soprattutto post-umana, capace di assorbire e acquisire un’identità grazie all’immagine creata da un ricordo futuro non ancora generato. Tutto in questo disco richiama le conseguenze della catastrofe: la ripetizione ossessiva di un riff è la ripetizione di un gesto automatizzato, il clangore di macchinari ancora operativi e abbandonati, caparbi e ciechi, condannati a schiacciare, pressare e compattare il nulla all’infinito. Tra gli interstizi di queste trame opprimenti si insinuano scale armoniche che illuminano il caos come sparute lame di luce. E una voce ossidata e senz’anima urla con rabbia da megafoni arrugginiti ordini pre-registrati e intanto bulldozer senza pilota girano in cerchio ed escavatori divorano un terreno arido e dragano liquami oleosi e in cielo droni perlustrano spazi immobili e il loro occhio senza sguardo sorveglia la terra che continua a ruotare in silenzio. Gli australiani Ylva orchestrano una partitura per apocalisse meccanica attraverso il prototipo ormai ampiamente collaudato della dicotomia tra magmatica esplosività e momenti di quiete. Pochissimo spazio d’azione nei sei brani che compongono il disco per astrazioni introspettive o tessiture melodiche che esulino dalla rappresentazione in forma musicale dell’angoscia esistenziale. Meta induce a uno sguardo fisso e rigoroso verso l’abisso e spinge la mente a formulare ipotesi e scenari apocalittici, in attesa della morte reale dell’umanità.

TRACKLIST

1. Sting in the Air
2. Hunting Room
3. Metadata
4. Lapse
5. The Fall
6. Widowed

INFO
ANNO: 2017
SITO: Bandcamp

YLVA - HUNTING ROOM

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