STONER, PSYCH |
Prima di tutto volevo ringraziare i Gandhi’s Gunn per avermi
ridonato quella piccolo gioia che è poter ascoltare un album con il booklet in
mano, che ti permette di seguire passo passo l’andamento di un pezzo attraverso
il suo testo! Una roba che facevo almeno 10 anni fa!
Ma parliamone di questo album: direi davvero un
gioiellino, che ancora una volta conferma la vitalità dello stoner/doom in
Italia.
Cosa dire dei Gandhi’s Gunn? Sono stoner? Di sicuro, ma
non solo, in loro si trova un po’ quell’impetuosità tipica del caro e vecchio
thrash, un po’ di Black Pyramid con le loro sonorità grasse e cupe, ma anche
(sorpresa sorpresa!) della psichedelia.
Ma tutto a tempo debito, perché le prime due
caratteristiche sebbene trasversali a tutto il CD si concentrano nei primi tre
pezzi Haywire, Under Siege e Breaking Balance, che rifiutano il cliché della lunghezza
del genere e dicono quello che devono dire – senza tralasciare nulla – in 3 o 4
minuti (attitudine punk?).
In barba ai pezzi da 20 minuti in questa breve durata ci si può trovare dalla schitarrata metallosa, all’intrammezzo ‘70s, all’assolo di joshhommiana memoria, alla dilatazione delle sonorità in chiave psych.
In barba ai pezzi da 20 minuti in questa breve durata ci si può trovare dalla schitarrata metallosa, all’intrammezzo ‘70s, all’assolo di joshhommiana memoria, alla dilatazione delle sonorità in chiave psych.
E continuano a riportarmi indietro, perché come si è
sempre fatto nel caro vecchio thrash – o comunque nel caro vecchio metal in
generale – eccoti arrivare proprio nel mezzo del disco la ballatona
strappalacrime, Flood. Qui il cantante sfodera il lato più caldo della propria
vocalità, facendo rabbrividire lo stesso Mark Lanegan, e trascinandoci
morbidamente verso l’inevitabile crescendo in cui la ballata s’incazza, ma
magicamente non smette di essere ballata.
Oltre ad essere tutto questo, la canzone rappresenta
anche il turning point del disco, dove i pezzi subiscono una maturazione
improvvisa. È con distorsioni più rarefatte, infatti, che Red (The Colour Of
God) ci conduce verso una virata stoner più classica, ovvero Rest of The Sun, dove
quella rinomata cadenza blues ci fa sentire pienamente a casa.
Ed è tramite la pregevole Adrift che approdiamo a quell’elemento
dei 4 che fin ora hanno sempre vagheggiato, fatto intuire, lasciato latente,
per farlo esplodere tutto insieme in una track unica: la psichedelia. Cos’altro
ci si può aspettare da un pezzo che esordisce con ritmiche quasi tribali
adornate da un sitar? I minuti restanti (più della media del CD) sono un
crescendo di atmosfere dilatate, che si aprono sempre di più, che
ossessivamente creano un tunnel vorticoso, dal quale ci si sente risucchiati,
in balìa. Posso azzardare che gradulamente dallo psych si raggiunge lo space:
ci si sente fluttuare senza peso, immersi nel luogo senza colore, odore, né
consistenza. Degnissima conclusione Hypothesis, in cui lo strumentale prevale
sulla voce, che fa solo una brevissima apparizione sciamanica, per lanciarci l’incantesimo
che poi ci assorbirà senza scampo.
TRACKLIST
1.
Haywire
2.
Under Siege
3.
Breaking Balance
4.
Flood
5. Red (The Colour Of God)
6. Rest of the Sun
7. Adrift
8. Hypothesis
INFO
ANNO:
2012
LABEL: tAXIdRIVER
WEB: OfficialWebsite
ARTWORK: SoloMacello
GANDHI'S GUNN - BREAKING BALANCE