Sabato sera, tempo incerto, eppure tanta tanta emozione
di percorrere un centinaio di km solo per vedere dal vivo uno dei nomi più
storici della storia del doom. Un nome, sì, forse l’unica cosa rimasta. Ma
tutto a tempo debito.
Il Fillmore è una location davvero apprezzabile, con la
sua natura di ex teatro, con il tetto a volta e la profondità che gli
conferiscono una acustica notevole. Anche gli spazi sono decisamente più
confortevoli di quanto prospettato.
Si inizia, dunque, con le migliori aspettative,
considerando anche i gruppi spalla: forse non troppo azzeccati in quanto al
genere, ma decisamente di valore. Il primo, quello secondo me più interessante,
ovvero due bassi, con rispettive voci maschile/femminile, un sitar e un flauto,
il tutto prodotto da un trio. Dopodiché si passa a una band pseudo-seventies sempre
con voce femminile, di indubbia grinta. Infine i Doomraiser, gruppo romano che
ormai non necessita più di presentazioni, che con il loro Moog e dell'ottimo doom hanno davvero dato il tiro alla serata. La quale sarebbe continuata
per solo un’altra mezzora…
I gruppi spalla lasciano il palco ai big…Oborn compare
sul palco, si avvicina alla testata e la accende…ok, devono scaldarsi le
valvole, becchiamoci questo quarto d’ora di palco vuoto…
Ma va bene, dai, il live inizia alla stragrande con uno
dei loro pezzi più storici Dopethrone.
Immediatamente seguita da Return Trip:
entrambi i pezzi cambiano totalmente atmosfera al locale, i suoni investono gli
astanti senza pietà, nonostante l’odiato limite di dB italiano. L’umore e l’eccitazione
sono alle stelle, l’emozione è incontenibile.
Partiamo poi con i pezzi del nuovissimo album e ci sta,
lo sapevamo, ma in fondo ci ascoltiamo volentieri Black Mass, un po’ meno Crypt
of Drugula – con presentazione
imbarazzante di un altrettanto imbarazzatissimo Jus, della serie “voglio ancora
fare brutto, ma la panza che mi precede mi leva credibilità” – ma non ci
lamentiamo.
Da qui in poi il protagonista della serata è stato un
pseudo film porn-horror proiettato su di uno schermo in alto nel
locale.
Gli Wizard hanno fatto una pausa di un’ora, lasciando il
palco all'apparenza più che alla sostanza (leggi biondona a-chitarristica e cantante evidentemente sovrappeso ed evidentemente affaticato), che ha provocato una stasi
diffusa tra il pubblico.
Poi eccoli che tornano, con una tiratissima Funeralopolis, suonata in qualche modo,
cantata allo sfinimento, con mille buchi nelle liriche, conclusa davvero a
caso…
Ma qui arriva la scena madre: Jus
sbraita al microfono, si leva la chitarra di dosso, scuote la testa, poggia lo strumento e lascia il palco, automaticamente (ovvero come automi) seguito
dagli altri musicisti.
Panico.
Inizia il coro “we
want more” tutti speranzosi che fosse la solita scena da grandi rockstar e
che sarebbero rientrati.
Ma no.
Arriva un roadie, toglie la prima chitarra, guardandoci.
Dai, è uno scherzo!!
Ritorna, toglie la seconda…oddio…ma no, la musica non
parte, dai!
Arriva sul palco questo signore sulla
sessantina dai radi capelli bianchi e fa segno di “tagliare” col
gesto alla gola.
Parte la temuta MUSICA!
Quindi? Noi sospettiamo che il nostro eroe, scontento
della serata e sfinito dal suo stesso lardo, abbia interrotto volutamente il
live, che sicuramente era in dirittura di arrivo, dopo più di un’ora, ma ci si
chiede…e I The Witchfinder? E Supercoven? Giusto per citarne un
paio…è come se i Metallica non facessero Master Of Puppets: magari ne hai fin
sopra i capelli, però te l' aspetti!
E basta: il momento che sogni da una vita si conclude
così, senza nemmeno un cenno di saluto alla fine del live…peggio di quando
scopri da piccolo che Babbo Natale non esiste!
Beati chi se li è visti l’anno scorso; attenti a quando
torneranno l’anno prossimo!